
Il Draft di quest’anno non è stato uno dei più scoppiettanti degli ultimi tempo. Molti analisti, infatti, sono concordi nel ritenere quello attuale come un anno di transizione, stretto tra il 2024 (con Victor Wembanyama, Chet Holgrem e i fratelli Amen e Ausar Thompson) e il 2026, dove spicca il già chiacchieratissimo Cooper Flagg. In ogni caso, la stagione NBA 2024/25 ha messo in luce una nuova ondata di giovani talenti pronti a lasciare il segno sin da subito. Tra scelte alte al Draft e nomi meno attesi, ecco una selezione dei rookie che si sono ritagliati ruoli da protagonisti, contribuendo in modo concreto alle prestazioni delle loro squadre. (CONTINUA DOPO LA FOTO)

Matas Buzelis (Bulls)
Scivolato fuori dalla top-10 al Draft dopo un’annata complicata in G League, Matas Buzelis sta rapidamente riscrivendo il suo racconto NBA. Nonostante le difficoltà iniziali con il tiro da tre e il fisico ancora da completare, il lungo lituano ha trovato il suo spazio nei Chicago Bulls, brillando grazie alla sua versatilità a due lati del campo.
Da quando è diventato titolare fisso a febbraio, ha mostrato tutta la sua crescita: il tiro da fuori (35% da tre), la capacità di concludere in transizione e un miglioramento difensivo notevole lo hanno reso un punto fermo della rotazione. Con una percentuale di stoppate nell’89° percentile e un istinto da vero rim protector secondario, Buzelis si è rivelato molto più pronto di quanto previsto.
Non è ancora un creatore di gioco completo, ma il potenziale c’è tutto. La combinazione di atletismo, ball-handling e intelligenza difensiva fa di lui un rookie sorprendente e un pezzo su cui Chicago può scommettere nel lungo termine.

Donovan Clingan (Trail Blazers)
Scelto alla numero 7, Donovan Clingan si è già affermato come uno dei centri difensivi più influenti dell’intera NBA, nonostante sia solo al suo primo anno. Con un fisico imponente (top 5 in altezza, peso e wingspan), Clingan ha trasformato la protezione del ferro in un’arte: 7,5% di blocchi (98° percentile), 16,3% di rimbalzi offensivi (98° percentile) e 24,4% difensivi (92° percentile).
Divenuto titolare a febbraio, ha saputo gestire minutaggi prolungati anche in mezzo agli infortuni del frontcourt di Portland. Il suo impatto è chiaro: con lui in campo, i Blazers migliorano nettamente il rating difensivo.
L’attacco, però, resta il punto debole: Clingan fatica a rifinire con continuità e i suoi lampi da passatore visti a UConn non si sono ancora tradotti. Inoltre, la condizione fisica resta un’area da sviluppare. Ma se riuscirà a consolidarsi come presenza stabile da 30 minuti a sera, Portland potrebbe aver trovato il proprio pilastro difensivo del futuro.

Zach Edey (Grizzlies)
Dominatore assoluto al college, Zach Edey ha vissuto un brusco cambio di ruolo nel suo primo anno NBA, passando da protagonista totale a giocatore di ruolo nei Memphis Grizzlies. A Purdue guidava la nazione per utilizzo offensivo (33,4%), mentre da rookie è sceso al 16,4%, complice anche un sistema che sfrutta pochissimo il pick-and-roll, nonostante la sua efficienza da rollante sia tra le migliori della lega (97° percentile).
Pur con minuti limitati (circa 20 a partita), Edey ha dimostrato di essere estremamente produttivo: 62,5% di true shooting, ottimi numeri a rimbalzo, solidi blocchi e persino un accenno di tiro da tre (37,5% su 48 tentativi). Il 5 aprile ha impressionato con 21 rimbalzi contro Detroit, e da quando è entrato stabilmente nel quintetto ha mostrato un net rating di +4,6, il migliore tra i rookie con oltre 20 minuti a partita.
Difensivamente è ancora limitato, ma la sua stazza imponente, forza fisica e intelligenza tattica lo rendono un prospetto intrigante. Il potenziale per un ruolo più centrale a Memphis c’è tutto.

Stephon Castle (Spurs)
Catapultato subito in un ruolo da protagonista, Stephon Castle ha affrontato una stagione NBA da rookie complessa ma piena di spunti interessanti. Scelto dagli Spurs con una delle due pick in top-8, è stato chiamato a fare da collante in un contesto difficile, segnato dall’assenza di Victor Wembanyama e dalle condizioni di salute di coach Gregg Popovich.
Castle ha mostrato versatilità offensiva, chiudendo l’anno con 14,5 punti, 3,6 rimbalzi e 3,9 assist, saliti a 17,6 punti di media dopo l’All-Star break, guidando tutti i rookie in scoring in quel periodo. Tuttavia, resta da lavorare su efficienza (51,6% di eFG), tiro da fuori (28,3% da tre) e contenimento dei turnovers (2,1 a partita).
Anche sul piano difensivo ha faticato, ma l’esperienza accumulata come titolare in una squadra in ricostruzione ha un valore enorme. Con tempo e sviluppo, Castle può diventare il partner ideale per Wemby e — se migliora nella finalizzazione e nel tiro — uno dei migliori talenti di questa classe.

Zaccharie Risacher (Hawks)
Scelto alla numero 1 assoluta in un draft considerato debole, Zaccharie Risacher è arrivato in NBA senza l’aura di una tipica top pick. Eppure, pur tra alti e bassi, sta confermando il suo valore nella rotazione degli Atlanta Hawks, chiudendo la stagione da titolare e con segnali di crescita concreti.
Il suo season-high da 36 punti contro Milwaukee ha mostrato il potenziale come tiratore in transizione, e nel post All-Star break ha trovato ritmo: 47,9% dal campo e 39,2% da tre. Non è ancora un creatore di tiro, con oltre l’80% dei suoi canestri da tre assistiti, ma ha beneficiato della presenza di Trae Young e Dyson Daniels.
Difensivamente ha deluso nelle metriche (17° percentile DEPM), e il net rating di squadra con lui in campo è negativo, ma gli strumenti fisici e tecnici per crescere ci sono tutti. Atlanta ha fatto una scommessa a lungo termine — e i primi segnali fanno pensare che Risacher sia sulla strada giusta per ripagarla.

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