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Storia e statistiche di Giulio Ciccone: il cuore abruzzese della montagna italiana

Giulio Ciccone

Giulio Ciccone è una delle figure più brillanti e combattive del ciclismo italiano contemporaneo. Nato a Chieti, nel cuore dell’Abruzzo, terra di salite impegnative e paesaggi mozzafiato, ha saputo trasformare le sue origini in una forza motrice capace di spingerlo sulle cime più dure del panorama internazionale. Scalatore puro, generoso e istintivo, Ciccone ha conquistato l’affetto del pubblico con il suo stile aggressivo e la passione viscerale che mette in ogni pedalata. In questo articolo ripercorreremo la sua evoluzione sportiva, analizzando le tappe più significative della sua carriera e le statistiche che ne fotografano l’impatto nel mondo del ciclismo. Scopriamo come e perché Giulio Ciccone, cuore abruzzese, è oggi simbolo di resistenza e orgoglio per il ciclismo italiano. (CONTINUA DOPO LA FOTO)

Giro d'Italia 2024 Giulio Ciccone

Gli esordi

Giulio Ciccone, nato a Chieti il 20 dicembre 1994 sotto il segno del Sagittario, incarna alla perfezione lo spirito battagliero e instancabile del ciclismo di montagna. Fin da giovanissimo si avvicina alle due ruote, ma è solo nella categoria dilettanti che le sue qualità di scalatore iniziano a emergere con forza. Nel 2015, correndo con il Team Colpack, dà un primo segnale importante del suo talento in salita: conquista la classifica degli scalatori al Giro della Valle d’Aosta, sfiora il successo di tappa e colleziona piazzamenti di prestigio come il sesto posto al Tour de l’Avenir e il secondo al Piccolo Giro di Lombardia.

A fine stagione, già sotto contratto con la Bardiani-CSF, vince la Milano-Rapallo e la Coppa Città di San Daniele, battendo in volata Gianni Moscon e conquistando il titolo del Prestigio Bicisport 2015. Il 2016 segna il suo passaggio tra i professionisti con la Bardiani, squadra che scommette su di lui e lo lancia nel grande ciclismo. Alto 176 cm per 57 kg, Ciccone ha un fisico scolpito per la montagna: agile, leggero, capace di scattare in piedi sui pedali non appena la strada s’impenna. È un attaccante puro, amante delle fughe da lontano, ma anche un corridore generoso, disposto a sacrificarsi per i compagni quando serve. Il suo stile esplosivo e il cuore abruzzese che lo guida ne fanno uno dei protagonisti più amati e riconoscibili del panorama ciclistico italiano.

Primo periodo da professionista

Giulio Ciccone approda tra i professionisti nel 2016, a soli 21 anni, con la Bardiani-CSF, dopo tre stagioni da dilettante in cui aveva già mostrato notevoli doti in salita. Il debutto tra i grandi è subito promettente: alla sua prima gara, il Gran Premio Costa degli Etruschi, si piazza quinto in volata tra un gruppo ristretto di corridori. Le sue qualità emergono con chiarezza anche alla Settimana Internazionale di Coppi e Bartali, dove chiude sesto in classifica, e al Giro del Trentino, in cui indossa la maglia di miglior giovane. Ma è al Giro d’Italia, sempre nel 2016, che Ciccone conquista la scena internazionale: nella decima tappa con arrivo a Sestola, attacca nella discesa e resiste sull’ultima rampa, firmando la sua prima vittoria tra i professionisti.

Il prosieguo della stagione è condizionato da problemi fisici, che lo costringono al ritiro nella penultima tappa. Il 2017 è segnato da infortuni e da due operazioni al cuore che ne limitano fortemente la condizione. Al Giro d’Italia non lascia il segno, ma nella seconda parte dell’anno, convocato in nazionale, ottiene risultati incoraggianti al Giro d’Austria e al Tour of Utah, dove vince una tappa con un’azione solitaria. Chiude la stagione con un altro podio alla Pro Ötztaler 5500. Nel 2018, finalmente libero da problemi fisici, torna a competere ad alti livelli: vince il Giro dell’Appennino con una grande azione sul Passo della Bocchetta, è tra i migliori al Tour of the Alps e alla Settimana Internazionale di Coppi e Bartali, e si mette in luce anche al Giro d’Italia, dove sfiora il successo a Cervinia e conquista il secondo posto nella classifica degli scalatori.

Giulio Ciccone
(Foto di Dario Belingheri/Getty Images)

Maglia azzurra al Giro d’Italia

Il 2019 segna una svolta decisiva nella carriera di Giulio Ciccone, che passa alla Trek-Segafredo, formazione del World Tour, e si afferma come uno degli scalatori più brillanti del panorama internazionale. Inizia la stagione con un incoraggiante decimo posto al Challenge de Mallorca e dimostra subito una forma eccellente anche al Trofeo Laigueglia, dove, con la maglia della Nazionale, è tra i migliori in salita e chiude sesto. Il 23 febbraio conquista la sua prima vittoria stagionale nella seconda tappa del Tour du Haut Var, confermando il suo talento su percorsi esigenti.

Ma è al Giro d’Italia che Ciccone scrive una delle pagine più belle della sua carriera: il 28 maggio vince la sedicesima tappa, un’autentica battaglia d’alta montagna da Lovere a Ponte di Legno, transitando per primo sul mitico Passo del Mortirolo, designato “Montagna Pantani” di quell’edizione. Grazie alle sue performance in salita, conclude il Giro con la maglia azzurra di miglior scalatore. I risultati ottenuti gli valgono la convocazione per il Tour de France, dove sorprende ancora: nella sesta tappa con arrivo a La Planche des Belles Filles, dopo una lunga fuga, chiude secondo alle spalle di Dylan Teuns ma conquista la maglia gialla, simbolo del primato, che indossa per due giorni.

Successivamente, veste anche la maglia bianca di miglior giovane fino alla decima tappa. Il 2019, dunque, non è solo l’anno della consacrazione, ma anche quello che lo eleva come uno dei volti più promettenti e coraggiosi del ciclismo italiano.

Maglia a pois al Tour de France

Il 2023 è stato l’anno della consacrazione per Giulio Ciccone, capace di trasformare una stagione segnata dall’assenza al Giro d’Italia in un trionfo sulle strade del Tour de France. Dopo un avvio brillante, con vittorie di tappa alla Volta a la Comunitat Valenciana e alla Volta a Catalunya e piazzamenti di prestigio nelle Ardenne, un’improvvisa positività al COVID-19 ha stravolto i suoi piani, costringendolo a rinunciare alla Corsa Rosa, obiettivo principale della prima parte dell’anno.

Ma Ciccone non si è arreso. Tornato in gara al Giro del Delfinato, ha subito mostrato la sua determinazione, vincendo l’ultima tappa e conquistando la maglia a pois, preludio di ciò che avrebbe realizzato in Francia. Al Tour de France si è imposto come il miglior scalatore della corsa, entrando nelle fughe giuste, accumulando punti preziosi e, soprattutto, difendendo con tenacia la maglia a pois fino a Parigi.

L’impresa ha un sapore storico: l’Italia non vedeva uno dei suoi in quella divisa iconica dal lontano 1992, quando fu Claudio Chiappucci a renderla celebre. Con intelligenza tattica, studio meticoloso dei percorsi e cuore abruzzese, Ciccone ha riportato in auge un simbolo dimenticato, riconnettendosi a un passato glorioso che affonda le radici nei nomi di Bartali, Coppi e Battaglin. Le sue parole a fine tappa – “È davvero bello. Mi sento davvero orgoglioso di me stesso” – raccontano di un sogno coltivato da bambino e diventato realtà.

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