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Formula 1, Ferrari divisa a metà: il podio di Leclerc è l’inizio della riscossa o un fuoco di paglia? Il dilemma Hamilton

Ferrari, un podio, una festa, un sospiro. Ma soprattutto una domanda, quella che rimbalza tra i box, nelle dirette TV e nei paddock da Jeddah a Maranello: l’exploit di Leclerc in Arabia Saudita è stato un episodio isolato o il primo segnale della tanto attesa inversione di tendenza per la Rossa? E se lo fosse, a Maranello possono contare su due piloti o su uno solo?

Se lo chiede anche Stefano Gatti, in un’analisi per Sky Sport che ha il merito di spingere lo sguardo un po’ più in là, non fermandosi alla prestazione di domenica ma allargando lo sguardo su dinamiche e aspettativa che determineranno il destino di un’intera stagione. La SF-25 ha mostrato sprazzi di competitività, ma il punto è: può davvero lottare ad armi pari con Red Bull, McLaren e Mercedes?

Charles Leclerc è felice del suo risultato ma non si accontenta. Lo ha detto chiaro fin dal dopogara saudita: serve di più, serve in fretta. Ha chiesto aggiornamenti per la sua monoposto, ha alzato la voce, ha rivendicato un ruolo da leader, soprattutto dopo Suzuka e a maggior ragione dopo il podio di Jeddah.

Frederic Vasseur ha risposto con la cautela del cronoprogramma: novità tecniche solo a Imola, prima vera tappa europea, in programma a metà maggio. Fino ad allora, sarà ancora il talento di Leclerc a dover rimediare ai tanti difetti, soprattutto aerodinamici, della nuova Ferrari. Che continua a essere sbilanciata e a soffrire l’altezza da terra, con gravi conseguenze sui risultati in qualifica.

La macchina non è performante, non riesce né a essere veloce, non è facile da guidare. Il progetto originario, insomma, ha evidenziato difetti su tutti i fronti. Ora, con gli aggiornamenti, la situazione sta migliorando, ma restano i tanti errori commessi e il pesante ritardo di partenza rispetto alle scuderie rivali. Per non parlare della McLaren, che sembra di un altro pianeta. Uno smacco grave per una Ferrari partita con grandi propositi per la nuova stagione.

A turbare il sonno di Maranello, però, non è solo la distanza dai vertici. Il vero caso si chiama Lewis Hamilton, vittima di un vero paradosso: sette volte campione mondiale, arrivato sull’onda del suo curriculum e di un’operazione mediatica in grande stile, portatore di enormi speranze per i tifosi, oggi è un pilota distrutto, completamente perso e in preda al pessimismo più assoluto.

Hamilton è un uomo solo. A soli tre mesi dal suo primo giorno in rosso, il fuoriclasse britannico sembra già ai margini di una squadra che, per il 2025, ha bisogno di poter contare su entrambi i suoi alfieri. Ma in questo momento c’è solo Leclerc a tenere il punto.

Lewis non solo non riesce a ottenere risultati in pista, ma rilascia anche dichiarazioni sconfortanti che non aprono nemmeno a una piccola speranza per il futuro. E una scuderia così importante non può fare a meno di uno dei suoi piloti, specie adesso che la macchina non è ancora a punto e le prestazioni individuali devono tenere in piedi la baracca.

Il calendario propone continue sfide, e la Rossa è perennemente sotto osservazione. Dopo Miami, che l’anno scorso segnò la riscossa McLaren, si arriverà a Imola, poi a Montecarlo, con il suo fascino irripetibile, e infine a Barcellona, dove entrerà in vigore il divieto delle ali flessibili: una variabile tecnica potenzialmente esplosiva, che potrebbe rimescolare le gerarchie del campionato.

Resta un altro problema chiave: la Ferrari fatica il venerdì e il sabato. Non riesce a estrarre il massimo dalla mescola soft, e questo la condanna a inseguire la domenica, anche quando il passo gara è competitivo. È successo a Jeddah, dove Leclerc per alcuni tratti ha tenuto il ritmo delle big, ma troppo tardi per sognare qualcosa di più del terzo gradino del podio.

Ferrari, il “faro” Leclerc e i tormenti di Hamilton

Senza dimenticare che se Norris non si fosse auto-sabotato nelle qualifiche, la sua McLaren sarebbe stata davanti in gara. E il podio per la Ferrari sarebbe ancora una volta sfumato. Quindi, pur riconoscendo a Leclerc tutti i suoi meriti, non c’è ancora granché da festeggiare.

In tutto questo, c’è almeno una certezza: Charles Leclerc, appunto. È lui oggi il cuore pulsante della Ferrari, l’uomo che detta il ritmo, che prende per mano la squadra. A lui tocca guidare non solo in pista, ma anche nella costruzione di una strategia valida. Maranello, oggi più che mai, ha bisogno di stabilità, chiarezza, visione. E con un Hamilton sempre più perduto nelle nebbie, oltretutto senza che la dirigenza intervenga in qualche modo per aiutarlo a uscirne, il pilota monegasco resta una luce nel buio.

Ci sarebbe bisogno anche del campione inglese, ma le sue lamentele e le sue insicurezze cadono nel vuoto. Forse sarebbe il caso che, invece di snocciolare frasi di circostanza, anche dai piani alti della Ferrari qualcuno scendesse a sporcarsi le mani. Perché il Mondiale corre, e non è più tempo per le chiacchiere.

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