Dan Peterson, pochi protagonisti nel mondo dello sport sono riusciti a rendere indelebile la loro immagine associandola a un preciso ruolo come lui. Dan ci è riuscito, perché lui è e sarà sempre “Il Coach”. Questo diventa ancor più evidente dopo il suo ingresso ufficiale nella Hall of Fame della FIBA, un riconoscimento che ha accolto con grande commozione, come ha dichiarato ai microfoni di SportMediaset: “Qualcuno dice che mi è stato consegnato tardi… ma credo sia arrivato nel momento perfetto, a 88 anni. Sono felice per questo”.
𝗘𝗫 𝗘𝗡𝗧𝗥𝗘𝗡𝗔𝗗𝗢𝗥 𝗗𝗘 𝗟𝗔 𝗦𝗘𝗟𝗘𝗖𝗖𝗜𝗢́𝗡 𝗖𝗛𝗜𝗟𝗘𝗡𝗔 𝗘𝗡𝗧𝗥𝗢́ 𝗔𝗟 𝗦𝗔𝗟𝗢́𝗡 𝗗𝗘 𝗟𝗔 𝗙𝗔𝗠𝗔 𝗗𝗘 𝗟𝗔 𝗙𝗜𝗕𝗔
— Federación Básquetbol de Chile (@ChileFeba) September 16, 2024
El entrenador estadounidense Dan Peterson, que dirigió a la selección chilena entre 1971 y 1973, fue ingresado al selecto Salón de la Fama de… pic.twitter.com/WnTpR6qLhu
Ad applaudirlo c’erano molte persone a lui care, tutte in piedi. Tra queste Gallinari, Bonamico, Villalta, così come avversari storici come Tanjevic e Bulgheroni, insieme a tanti amici del mondo del basket: “Sono abbastanza tranquillo, ma è una grande soddisfazione, un riconoscimento alla carriera. Penso che l’emozione arriverà dopo, quando mi renderò conto. Quando me l’hanno annunciato ad aprile non potevo dirlo, ma lì fu tanta l’emozione. Un momento di soddisfazione, emozione e piacere”.
Ma quanto impegno c’è dietro a questo traguardo? “Ci sono i sacrifici miei e della mia famiglia. Della mia prima moglie che non c’è più. Dei miei quattro figli: sono stato un padre assente. Ma d’altronde, per far carriera sono andato anche in Sud America. Chi vuole fare l’allenatore purtroppo deve dedicare anima e corpo alla squadra, che diventa la famiglia del coach. I giocatori sono come dei figli”, ha detto.
Alla domanda se abbia più dato o ricevuto dalla pallacanestro, Peterson risponde: “Ho dato tanto al basket, ma ricevuto molto di più. Mi ha cambiato la vita. L’esperienza in Cile per due anni è un debito che non potrò mai ripagare. Anche se qui in Italia ho sicuramente ricevuto di più”.
È affascinante pensare alla “grande famiglia” che il basket gli ha donato: “Quando allenavo non pensavo alle mie idee, perché ero contento quando vedevo un giocatore inventare qualcosa da sé. Quando tiravano fuori qualcosa di speciale, che era merito loro. Ho allenato grandi persone”.
Infine, una riflessione sul campionato che sta per iniziare: “Ogni anno dico che sarà un campionato equilibrato. Ma ho visto che ci sono due squadre: Milano numero uno e Bologna numero due, che sono una spanna notevole sopra le altre. Andranno loro in finale, sicuramente. Mi ricordo che quando arrivai in Italia era già così: Milano e Varese una spanna sopra”.
E riguardo al percorso di Olimpia e Virtus in Eurolega, Peterson aggiunge: “Abbiamo due buone squadre, solide. Ma due squadre non al completo: il loro obiettivo non è la Final Four, ma la Final Eight. Poi può succedere di tutto, anche se è dura perché ci sono squadre molto forti. Una strada in salita, durissima, ma possibile non gasandosi troppo, facendo un passo alla volta”.
Leggi anche:
- Gianni Petrucci sul basket italiano: “È sano, bella squadra di dirigenti”
- 5 cose da sapere su Alessandro Gentile
- NBA, chi sono i giocatori che possono battere il record di 40.000 punti di LeBron James
- I 10 giocatori di basket più bassi (e forti) dell’NBA
- Danilo Gallinari, un italiano in NBA
- Kobe Bryant, storia di un campione
- Bill Walton: il gigante leggenda del basket
- La carriera straordinaria di Larry Legend Bird
- Magic Johnson: campione nello sport e nella vita
- Bill Walton: il gigante leggenda del basket
- Michael Jordan: biografia di una leggenda del basket