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La Ferrari va… all’indietro: cosa fare adesso, le parole dell’esperto

Ferrari, a chi ha vissuto il rombo delle 312 T di Lauda fino agli acuti rabbiosi delle F2004 di Schumi, certe domeniche come quella di Miami lasciano addosso un sapore amaro. La Rossa è irriconoscibile da qualsiasi punti di vista: prestazioni, gestione dei box, delle qualifiche e della corsa. Tutto ai minimi termini, e a risentirne sono anche i piloti, che oscillano fra voglia di riscatto (che si infrange sempre sul muro della realtà) e rassegnazione.

Eh sì, stavolta la delusione è servita, come scrive nella sua interessante analisi Stefano Gatti su SportMediaset. Il risultato è simile a un piatto di gamberi della Florida: belli da vedere (anche se la nuova livrea scelta per il GP americano ha fatto storcere il naso a molti) ma alla fine insipidi. E questa Ferrari ormai è un fragile miraggio in un deserto sempre più rosso… ma di vergogna.

In termini di punti Miami non è stata la batosta più pesante del 2025 – a Melbourne andò persino peggio – ma è proprio l’assenza di segnali di vita e di riscossa a rendere questo GP inquietante. La stagione ha imboccato il suo primo vero rettilineo, ma a Maranello ancora si smanetta come apprendisti stregoni alla ricerca del potenziale nascosto… che forse, semplicemente, non c’è.

Tutti ormai guardano al 2026, col cambio regolamentare dietro l’angolo. Ma alla Ferrari il tempo è un lusso che non ci si può permettere. Per blasone, per orgoglio, per rispetto. E perché a Imola e Montecarlo – e poi a Monza, e viene da mettersi le mani nei capelli – non puoi farti trovare a girare in quinta fila come una comparsa stonata in un’opera verdiana. (continua dopo la foto)

Charles Leclerc è uomo-squadra come pochi, anche troppo, verrebbe da dire. Si carica sulle spalle la baracca con una dignità che a tratti rasenta l’autolesionismo emotivo. È il primo a non mollare, anche quando la monoposto sembra naufragare contro curva dopo curva.

E Lewis? Beh, sir Hamilton, fin qui, ha indossato la tuta rossa solo con il corpo e non ancora con l’anima. È chiamato, lo dice Gatti, a offrire quel valore aggiunto che un sette volte iridato dovrebbe portare in dote già al semaforo verde. Ma per ora abbiamo visto solo qualche lampo, e nulla più. Non basta. Non per lui, non per noi.

E qui viene il punto. Quando la macchina non va, quando la pista ti restituisce solo delusioni, a volte serve qualcosa di più forte di un pacchetto aerodinamico nuovo. Serve una scossa. Non è detto che arrivi, ma l’impressione è che qualcuno, lì dentro, stia già cercando l’interruttore. Altrimenti la stagione scivolerà nel disastro più completo.

Imola è alle porte, con tutto il suo carico di storia e attese. Montecarlo seguirà, regno fatato di Leclerc. E allora sì, come scrive Gatti con un’ironia amara e lucida, non resta che affidarsi a Santerno… e a San Charles, nella speranza che tra i cordoli il miracolo arrivi, anche in una stagione balbettante come questa. Ma forse è proprio questo che manca oggi alla Rossa. Il coraggio di essere Ferrari.

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