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Lidl, report choc sulla carne di pollo: cosa si è scoperto

Un nuovo report dell’associazione Essere Animali ha analizzato 142 prodotti di marca propria provenienti da 22 negozi Lidl in giro per l’Europa, compresi quelli italiani, e ha scoperto che metà dei campioni contiene un particolare enzima o batteri dannosi per la salute.

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Report choc sulla carne di pollo

Essere Animali ha condotto un’indagine su 142 confezioni di carne di pollo vendute nei supermercati Lidl di cinque Paesi europei, tra cui l’Italia, e ha rivelato una diffusa contaminazione da agenti potenzialmente patogeni e da batteri resistenti agli antibiotici. E l’Italia è messa peggio degli altri paesi: da noi quasi un campione su due contiene un enzima prodotto dai batteri e in grado di conferire loro resistenza a uno o più antibiotici. Inoltre nei prodotti italiani è largamente presente la salmonella, che risulta invece assente negli altri Paesi. (continua dopo la foto)

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I rischi per la salute

I prodotti, provenienti da 22 negozi Lidl in Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna e Polonia, sono stati microbiologicamente testati da un laboratorio indipendente in Germania. Lo studio è stato commissionato in Italia da Essere Animali in collaborazione con le associazioni partner che hanno condotto i lavori per gli altri paesi: Fondazione Albert Schweitzer, Observatorio de Bienestar Animal, Open Cages e Otwarte Klatki. L’attenzione si è concentrata sui batteri più importanti associati alle infezioni di origine alimentare, che possono comportare gravi problemi di salute.

Dalle analisi è emerso che i polli degli allevamenti intensivi vengono cresciuti “in modo inadeguato alle loro esigenze con diversi problemi di salute“. Quello che ancora non era emerso, spiega l’associazione, sono “gli eventuali possibili rischi per i consumatori di un sistema produttivo più interessato a fare grandi numeri che agli impatti negativi generati“. Lidl è la più grande catena di supermercati in Europa e di conseguenza uno dei più grandi distributori di carne del nostro continente, come sottolinea il report e dunque la responsabilità deve essere maggiore sia “nella gestione che nello sviluppo delle filiere da cui provengono i prodotti da loro venduti“. La resistenza agli antibiotici è una delle dieci cause di morte più comuni nel mondo. 

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