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Inter, sirene straniere per Inzaghi: ora tocca a Oaktree e alla società convincerlo a restare

Inter, Monaco è lì a un passo. La finale di Champions League contro il Paris Saint-Germain è il culmine di una stagione che Simone Inzaghi, almeno in Europa, ha trasformato in un manifesto del calcio moderno: organizzazione, duttilità, bellezza. I giocatori hanno fatto il resto, con un impegno e una grinta quasi commoventi che hanno permesso alla squadra di superare contro pronostico top club come il Bayern e il Barcellona.

Il 31 maggio sarà l’ultimo atto di una stagione vissuta ai vertici, poi si tireranno le somme. Ma attenzione: il tempo dei bilanci non riguarda solo il tecnico piacentino, a cui secondo i rumors sarebbero arrivate offerte dall’Arabia e dalla Premier League. Sotto la lente d’ingrandimento stavolta ci sono soprattutto la proprietà e il management dell’Inter.

Se oggi i dirigenti e la proprietà nerazzurri vogliono tenere Inzaghi, dovranno finalmente investire in un progetto di alto livello dopo anni di vacche magre e di mercati a saldo zero. Perché il Mister che è stato capace di trascinare l’Inter a due finali di Champions in tre anni sinora si è “accontentato“, la squadra era comunque forte, ma ora vuole vedere un salto di qualità decisivo. (continua dopo la foto)

La rosa dell’Inter comprende diversi giocatori di valore ma dall’anagrafe avanzata. I 37 anni di Acerbi, i 36 di Sommer, Mkhytarian e Darmian, i 34 di De Vrij: la parola d’ordine è ringiovanire, ma bisognerà scegliere prospetti già pronti e di livello per continuare a essere competitivi. Per ora è stato acquistato un giovane talento come Sucic e si parla di trattative quasi concluse per il brasiliano Luis Henrique del Marsiglia. Un centrocampista e un esterno capace di fare le due fasi.

Non solo: le possibilità di prendere un attaccante di assoluto valore come Jonathan David sembrano in crescita, e affiancare un giocatore così a Lautaro e Thuram vorrebbe dire compiere un notevole salto di qualità in attacco, il reparto in cui le seconde linee (Taremi, Correa e Arnautovic) hanno deluso tutte le aspettative.

Inzaghi sembra intenzionato a restare e a prolungare il suo contratto, ma i manager nerazzurri dovranno garantirgli un mercato importante. Altrimenti certe sirene potrebbero tentarlo. L’Al Hilal, guidato dal presidente Fahad Bin Saad Bin Nafel, avrebbe messo sul tavolo un’offerta stratosferica: 20 milioni netti a stagione.

Non è solo un’indiscrezione: è una proposta reale, concreta, pesante. Inzaghi non ha detto sì, ma nemmeno ha chiuso la porta del tutto. Ha ascoltato, com’era giusto fare. Ha preso tempo. Perché prima viene l’Inter, prima viene la finale. Ma poi? Poi si parlerà. E non sarà una chiacchierata qualunque.

Anche la Premier osserva, con squadre pronte ad affondare il colpo. Perché oggi Inzaghi, grazie al formidabile cammino in Champions, è ormai considerato un allenatore di caratura internazionale. E ha dimostrato di poter arrivare a grandi risultati con un progetto costruito praticamente a costo zero. Anzi, meno di zero.

Ha ereditato la panchina dell’Inter nel bel mezzo del ridimensionamento post-Conte, mentre la società era costretta a vendere alcuni pezzi pregiati, fra cui Lukaku e Hakimi. Lì sono stati bravi i dirigenti, che sono riusciti a portare a casa Thuram a parametro zero e una scommessa come Dumfries per una cifra modesta, rispetto a ciò che l’olandese è diventato oggi. (continua dopo la foto)

Inzaghi in Europa ha fatto tanto, persino troppo, con poco, e senza lamentarsi mai. E qui si apre la vera questione. Non è (solo) una questione economica. Inzaghi non chiede la Luna. Chiede un progetto. Un’idea. Un impegno concreto. Ha accettato ogni compromesso, ha accettato i sacrifici in nome dei bilanci, ha guardato gli altri spendere e spandere senza dire una parola.

Il tecnico interista è riuscito a valorizzare e a recuperare molti giocatori, ha regalato quasi una seconda carriera al suo pupillo Francesco Acerbi e a Mkhytarian, ha utilizzato al meglio ciò che aveva in casa. E ha vinto: sei finali in tre anni, due Coppe Italia, tre Supercoppe, una Champions sfiorata e ora un’altra da giocare. Oltre allo scudetto trionfale della seconda stella.

Unici nei di questa gestione, lo scudetto perso nel 2022 dopo essere stato ampiamente in vantaggio sul Milan. Ma era un Inzaghi meno maturo e oggi probabilmente certi errori non li rifarebbe. E poi quello di quest’anno, probabilmente sfuggito al 90esimo della partita contro la Lazio. Ma questa è stata un’annata unica, in cui l’Inter con la finale di Champions disputerà una sessantina di partite. Un’enormità.

L’errore, ma qui è un errore che hanno compiuto tutti a partire dalla società, è stato di non tirare i remi in barca in Coppa Italia, evitando di schierare i titolari contro il Milan in semifinale. Quelle due partite sono costate tanto: l’infortunio di Dimarco, l’usura di Lautaro che poi si è stirato qualche giorno più tardi a Barcellona. La rosa non poteva reggere su tre fronti, ma anche di questa esperienza Inzaghi potrà fare tesoro.

Inter, ora tocca ai dirigenti

Fatto sta che il curriculum messo insieme in questi anni e le attenzioni che provengono dall’estero hanno cambiato la prospettiva. Ora il Mister nerazzurro pretende di più, e chiede a Marotta e a Oaktree non solo un prolungamento di contratto, ma impegno e investimenti che portino la squadra ancora più in alto. L’Inter parte da una base molto forte e può confermarsi come la squadra da battere anche nei prossimi anni, ma solo se verrà rinforzata nel modo opportuno.

I dirigenti ora sono chiamati a fornire le risposte giuste. Servono rinforzi veri, è finito il tempo dei parametri zero (quando andava bene) o di giovani magari promettenti, ma chiaramente inadatti a giocare a certi livelli come Palacios. Inoltre, il Mister secondo le voci aveva chiesto una punta a gennaio: se lo avessero accontentato, forse oggi l’Inter sarebbe messa ancora meglio.

Insomma, ora la società deve mettere Inzaghi nelle condizioni di restare. Perché se davvero si crede in lui, e non c’è motivo di dubitarne dopo le parole al miele di Marotta, ora è il momento di dimostrarlo. Inzaghi, il suo l’ha fatto. E adesso, la prossima mossa spetta ai dirigenti.

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