x

x

Vai al contenuto

Tragedia al mercatino di Natale, 17enne finisce in terapia intensiva: cosa aveva mangiato

I mercatini di Natale sono una manifestazione commerciale pubblica, normalmente svolta all’aperto tra i mesi di novembre e dicembre, nella quale viene esposto tutto ciò che concerne il Natale. Dai prodotti fatti a mano per decorare albero e presepe ai vari dolcetti o prodotti tipici del paese in cui si svolge il dato evento. Sotto le feste i mercatini di Natale sono affollati da famiglie e non solo che sperimentano le varie pietanze in vendita. Purtroppo, una ragazza di 17 anni, dopo aver mangiato in uno di questi mercatini, si è sentita male ed è finita in ospedale. Vediamo nel dettaglio che cos’è successo. (Continua a leggere dopo la foto)

Leggi anche: Vede la bolletta e muore, tragedia in Italia. La cifra choc

Leggi anche: Michael Schumacher, lo straziante annuncio del fratello a 10 anni dalla tragedia

Leggi anche: Tragedia a Natale, si addormenta col fidanzato e poi la scoperta da brividi

Leggi anche: Tragedia nel mondo del calcio: è morta a soli 34 anni

Tragedia al mercatino di Natale, 17enne in terapia intensiva per un ceppo di E.Coli

Antonia, una giovane di 17 anni del Buckinghamshire, una contea dell’Inghilterra Sud-Orientale, si trova ricoverata in ospedale e lotta tra la vita e la morte dopo aver contratto un ceppo mortale di E.Coli mangiando del cibo acquistato in un mercatino di Natale. La ragazza ha trascorso le ultime due settimane in terapia intensiva, affetta probabilmente da quello che i medici hanno individuato come STEC-HUS, causato dal ceppo batterico di E.Coli O157. Come riportato da Il Fatto Quotidiano, Antonia ha subito diverse operazioni, tra cui una per rimuovere parte dell’intestino, e ha ricevuto una trasfusione di sangue a causa di problemi renali che hanno richiesto la dialisi. Secondo il Servizio Sanitario Nazionale, la SEU da questo ceppo di E.Coli è rara, ma può essere contratta attraverso cibo contaminato, contatto con animali infetti, persone portatrici del virus e l’ingestione o il contatto con acque infette.

In questo caso specifico, non è stato reso noto quale sia stato il cibo che ha causato l’infezione ad Antonia ma il Daily Mail sottolinea come, di recente, in Inghilterra un’epidemia di E.Coli abbia colpito 30 persone. In quel caso, a provocarla sono state quattro varietà di formaggio artigianale Lancashire, richiamate dal mercato a causa di timori di contaminazione da un ceppo specifico di E.Coli, lo 0145. La storia di questa ragazza è stata raccontata alla stampa britannica da sua sorella Jemima Hay, che ha avviato una raccolta fondi su GoFundMe per sostenere le cure mediche e la famiglia. Dopo aver trascorso il giorno di Natale a casa con la famiglia, Antonia è tornata in ospedale il giorno di Santo Stefano a causa di insufficienza renale. Attualmente, è la persona più giovane ricoverata nel reparto di terapia intensiva. (Continua a leggere dopo la foto)

Cos’è E.Coli O157?

Sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità si legge che “l’infezione da Escherichia coli produttore di verocitotossina (VTEC) è considerata una zoonosi poiché il tratto gastro-intestinale dei ruminanti, in particolare dei bovini e bufalini, costituisce il serbatoio naturale di questi batteri. E. coli O157 viene incluso tra gli agenti di tossinfezione alimentare, anche se l’epidemiologia delle infezioni da VTEC, rispetto alle più classiche tossinfezioni, presenta alcuni caratteri distintivi. La trasmissione all’uomo avviene prevalentemente per via alimentare, attraverso l’ingestione di derrate di origine animale contaminate in fase di produzione o lavorazione (carni contaminate e non sottoposte a cottura completa, latte crudo, latticini non pastorizzati) ma anche attraverso ortaggi e frutti coltivati su terreni fertilizzati o irrigati con reflui da allevamenti bovini infetti. Tra le potenziali fonti di infezione, un ruolo sempre più importante viene attribuito alle fonti idriche, siano esse destinate a usi civili, agricoli o per balneazione. Infine il contatto diretto con animali appartenenti alle specie serbatoio e la trasmissione persona-persona (per via oro-fecale) possono giocare un ruolo nella propagazione dell’infezione. Il periodo di incubazione dell’infezione da VTEC è compreso tra 1 e 5 giorni”.

Poi sempre sul sito si legge che “esistono numerosi sierogruppi VTEC dei quali il più conosciuto e diffuso è E. coli O157. Nel nostro Paese sono molto frequenti anche i sierogruppi O26, O111 e O145. Le indagini microbiologiche per la ricerca dei VTEC richiedono tecniche speciali che generalmente non sono disponibili presso i laboratori clinici e ospedalieri. In commercio esistono terreni selettivi/differenziali e test di agglutinazione per E.coli O157 che possono permetterne una prima identificazione. I ceppi così identificati devono essere confermati da un laboratorio di riferimento, verificando la capacità del ceppo di produrre tossina (test di citotossicità su colture cellulari) e/o la presenza dei geni codificanti per la tossina stessa. Per la diagnostica dei VTEC appartenenti agli altri sierogruppi è indispensabile rivolgersi a laboratori specializzati. L’Istituto superiore di sanità coordina dal 1988 un sistema di sorveglianza delle infezioni da VTEC e la rete italiana del sistema di sorveglianza europeo Enter-Net, alla quale fanno capo i laboratori di riferimento presenti sul territorio nazionale”.