Papa Francesco e l’ictus, perché è accaduto
Anche Francesco Blasi, direttore di Medicina interna e Pneumologia al Policlinico di Milano, sottolinea un rischio spesso sottovalutato: «La mortalità nei due mesi successivi a una polmonite grave è molto alta, soprattutto per eventi cardiovascolari o cerebrovascolari. Durante la malattia l’infiammazione può estendersi e danneggiare arterie e arteriole, predisponendo a ictus o infarti». Sullo sfondo, la possibilità che una terapia antiaggregante – farmaci comunemente prescritti a pazienti anziani per prevenire trombi – abbia contribuito all’evento emorragico. A ipotizzarlo è Stefano Nardini, ex direttore della Pneumologia dell’ospedale di Vittorio Veneto: «È possibile che il Papa seguisse una terapia antiaggregante, che può facilitare un’emorragia cerebrale». Ma la fragilità del Papa non era una novità, né una debolezza ignorata. Aveva 21 anni quando, nel 1957, gli venne asportato il lobo superiore del polmone destro a causa di una grave infezione. «Un’operazione che ha lasciato un’impronta duratura sulla funzionalità respiratoria», ricorda ancora Nardini. «Quell’intervento rese i polmoni fragili e nel corso della vita si sono verificati più episodi di riacutizzazione di bronchiti croniche ostruttive». (continua a leggere dopo le foto)

Ha voluto essere il papa della gente fino alla fine
Solo negli ultimi anni, le ricadute erano diventate più frequenti. Nel marzo 2023 non riuscì a presenziare alla Via Crucis. A dicembre 2024 dovette annullare il suo intervento alla COP28. In entrambi i casi, bronchiti ostinate e una funzionalità respiratoria ridotta – per via della perdita di tessuto polmonare – gli rendevano difficile anche il solo parlare in pubblico. A tutto ciò si aggiungono gli altri problemi di salute che avevano segnato gli ultimi anni del pontificato: un intervento alla cataratta nel 2019, un’operazione al colon per diverticolite nel 2021, e dolori alla gamba che lo avevano costretto alla sedia a rotelle. Nonostante tutto, Francesco ha continuato a portare il Vangelo fuori dalle sacrestie, a farsi prossimo, a viaggiare, a parlare al mondo. Ma forse, proprio quel desiderio di essere presente fino all’ultimo, è stato il suo ultimo sacrificio. Ora gli esperti si dividono tra cautela scientifica e un certo stupore umano: «È una vicenda che ci ricorda quanto sia sottile il confine tra dedizione e logoramento», commenta Tarquini. La dedizione è quella di un uomo che, fino alla fine, ha voluto essere il Papa della gente.