
Le vicende sportive, anche quelle di un campione affermato, spesso sorprendono per i loro risvolti inattesi. Talvolta il destino si mostra imprevedibile anche con chi ha raggiunto i vertici della propria disciplina, lasciando segni profondi nella vita al di fuori delle competizioni. Se il pubblico ricorda con entusiasmo i momenti di successo, resta invece spesso ignaro di ciò che accade dopo la fine della carriera agonistica.
Loris Stecca: «Ero sul tetto del mondo, ora faccio il netturbino» https://t.co/eI3iqCL3aV
— Mirko Mugnani (@m_mugnani) October 23, 2025
Rimini rappresenta il punto di partenza e il fulcro della parabola personale di Loris Stecca, ex campione mondiale dei pesi supergallo. Oggi sessantacinquenne, Stecca è protagonista del docufilm “A luci spente” diretto da Mattia Epifani, realizzato grazie al contributo della Emilia-Romagna Film Commission e alla collaborazione con Sky Documentaries. Dopo l’anteprima al Biografilm Festival di Bologna, il documentario è arrivato al cinema Fulgor di Rimini, dove l’ex pugile ha ripercorso la propria storia senza riserve.
Loris Stecca descrive la propria esperienza come una parabola “dalle stelle alle stalle”. Attualmente, dopo aver raggiunto la cima nel 1985 battendo Leonardo Cruz a Milano, svolge il ruolo di operatore ecologico a Riccione tramite una cooperativa sociale. Rimane però, come afferma lui stesso, “un combattente”.
A 24 anni, Stecca divenne il più giovane italiano a conquistare un titolo mondiale. Successivamente, la sua vita ha subito una brusca inversione: nel 2013 fu condannato per tentato omicidio, ottenne la semilibertà nel 2017 e fu definitivamente liberato nel 2022. Secondo Stecca, la sfida più difficile non è stata sul ring, ma nella gestione della propria rabbia interiore.

L’ex campione rievoca i passaggi chiave della sua carriera, iniziata nel 1977 a Forlì dove vinse il primo incontro salendo sul ring in incognito. Seguono affermazioni importanti in Italia e in Europa, il passaggio tra i professionisti nel 1980 e il trionfo mondiale nel 1984.
Nel 1989, un grave incidente stradale nei pressi dell’Arco d’Augusto a Rimini compromise irrimediabilmente il ginocchio di Stecca, determinando la conclusione della carriera sportiva. “Fu la fine di tutto. Dalle stelle alle stalle. Ma la boxe mi ha tenuto in vita“, ha dichiarato il campione.
La rabbia, racconta Stecca, è ancora presente: “Mi irrito facilmente, anche per i monopattini che passano veloci. Di recente una discussione con un giovane ha rischiato di degenerare”. In carcere, l’ex campione si confrontava spesso su questo tema con una suora, che lo esortava a smettere di “fare la guerra con tutti”.
Nonostante tutto, Stecca afferma: “Oggi tornerei a combattere. La boxe è la mia vita. Ho criticato chi saliva sul ring in età avanzata, ma ora che ci sono anch’io, mi rimangio tutto“.
Durante la proiezione al cinema Fulgor, Stecca ha avuto modo di riflettere pubblicamente sul proprio percorso, caratterizzato da cadute e tentativi di riscatto. Il film offre una narrazione autentica, senza omissioni, ripercorrendo le tappe che hanno segnato la sua esistenza. In sala era presente anche Maurizio Stecca, fratello di Loris ed ex campione, a testimonianza di un legame fatto di rispetto reciproco.
Dalla conquista del titolo mondiale al lavoro quotidiano, dal carcere al recupero della libertà: la storia di Loris Stecca è quella di un uomo che non si è mai arreso. A luci spente, ma con la determinazione di chi affronta la vita a testa alta.
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