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Giovani promesse bruciate troppo presto: 3 talenti italiani che non ce l’hanno fatta

Mastour

Nel calcio italiano, la storia è piena di promesse che avevano tutto per sfondare, ma per ragioni diverse, non ce l’hanno fatta. Alcuni erano considerati eredi designati di campioni affermati, altri avevano brillato nei settori giovanili o in tornei internazionali, attirando attenzioni e paragoni ingombranti. Ma la strada verso l’eccellenza del calcio è piena di insidie: infortuni, pressioni mediatiche, scelte sbagliate o semplicemente il peso di aspettative troppo alte. In questo articolo raccontiamo cinque casi emblematici del calcio italiano recente: storie di talento purissimo, di lampi improvvisi e poi di cadute, silenzi, partenze verso categorie minori o addirittura il ritiro precoce. Non per puntare il dito, ma per capire meglio quanto sia fragile il confine tra predestinazione e fallimento. Dietro ogni promessa bruciata c’è un contesto, spesso una responsabilità condivisa. E forse, anche una riflessione da fare su come il nostro sistema coltiva – o spegne – i suoi giovani talenti. (CONTINUA DOPO LA FOTO)

Hachim Mastour

Hachim Mastour è il simbolo di un talento italiano consumato troppo in fretta dalle aspettative eccessive e da un contesto incapace di proteggerlo. Acquistato dal Milan nel 2012, battendo la concorrenza dell’Inter, a soli 14 anni era già sulle prime pagine come “prodigio mondiale”, protagonista di spot con Neymar e idolo dei social prima ancora di aver esordito tra i professionisti. A 16 anni si allenava con Kakà e Balotelli, ma non giocava. Tra prestiti all’estero, infortuni, errori di gestione e pressioni smisurate, la sua carriera ha preso una piega discendente troppo presto.

Dopo esperienze brevi e poco fortunate in Spagna, Olanda, Grecia e Italia, sembrava destinato all’oblio. E invece oggi, a 27 anni, riparte dalla Virtus Verona con una nuova consapevolezza: meno clamore, più sostanza. Nell’intervista rilasciata alla Gazzetta, Mastour racconta con maturità il peso del suo passato, la depressione vissuta, le promesse mancate e la rinascita interiore. Il suo sogno – tornare ai grandi palcoscenici, magari giocare un Mondiale – resta vivo, ma stavolta lo insegue senza frenesia. Non è più il “numero 10” da copertina, ma un uomo che ha scelto di tornare a sorridere giocando a calcio.

Hachim Mastour
(Foto di Ciancaphoto/DeFodi Images via Getty Images)

Federico Macheda

Federico Macheda è forse uno degli esempi più emblematici di talento italiano bruciato troppo in fretta. Scoperto giovanissimo dalla Lazio e strappato dal Manchester United a soli 16 anni, venne lanciato nell’Olimpo del calcio internazionale con aspettative fuori scala. Esordio in Premier League con gol vittoria contro l’Aston Villa, conferma pochi giorni dopo contro il Sunderland, paragoni scomodi con Cristiano Ronaldo, elogi da Ferguson: tutto sembrava scritto per un’ascesa fulminante. Ma la pressione, la concorrenza interna e un contesto incapace di proteggerlo ne hanno frenato la maturazione.

Quella promessa non sbocciata ha dato il via a una carriera itinerante, fatta di prestiti e brevi avventure in Italia, Germania, Inghilterra, Grecia, Turchia e Cipro. L’esperienza più solida è stata al Panathinaikos, con 40 gol in 116 presenze, ma il treno per il grande calcio era già passato. Macheda ha pagato le attese gonfiate e la mancanza di un percorso graduale: a 17 anni era un predestinato, a 24 un nome dimenticato. Oggi, all’Asteras Tripolis, continua a giocare e segnare, con la dignità di chi ha fatto pace con il proprio passato, ma resta l’amaro di ciò che poteva essere e non è stato.

Macheda
(Foto di John Peters/Manchester United via Getty Images)

Davide Santon

Davide Santon, un talento promettente che è crollato in seguito alle pressioni e agli infortuni. Cresciuto nel vivaio dell’Inter, lanciato da José Mourinho a soli 18 anni nella sfida di Champions League contro il Manchester United e chiamato a marcare Cristiano Ronaldo, sembrava destinato a una carriera da fuoriclasse. Tecnico, duttile, con fisico e corsa, Santon aveva tutte le qualità per diventare un punto fermo della Nazionale e del calcio europeo. Inserito da Don Balón tra i migliori nati dopo il 1989, ha vissuto un’ascesa rapidissima e affascinante, frenata però da una serie di infortuni devastanti.

Dalle ginocchia al polpaccio, dai muscoli alle ossa: il suo corpo non ha mai retto le promesse del suo talento. Dopo le esperienze a Cesena, Newcastle e Roma, il suo rientro all’Inter sembrava una rinascita, ma fu solo un’illusione. Alla fine, a soli 31 anni, è stato costretto a dire basta, schiacciato dal dolore fisico e da una fragilità emotiva crescente. Il ritiro, raccontato senza filtri, è la fine malinconica di una carriera che avrebbe potuto essere molto di più. Santon non ha rimpianti, dice di aver dato tutto. Ed è forse proprio questo il dramma più grande: quando il massimo non basta, se il destino ha deciso che il tuo fisico non reggerà la tua ambizione.

(Foto di John Peters/Manchester United via Getty Images)

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