
Nelle prossime ore, un volto già finito sulle prime pagine dei giornali italiani tornerà nel nostro Paese. Non si tratta di una celebrità né di un personaggio politico, ma di Francis Kaufmann, l’uomo al centro di uno dei delitti più efferati e inquietanti degli ultimi anni. Domani, il 46enne sarà estradato dalla Grecia, dove è stato arrestato, e atterrerà all’aeroporto romano di Ciampino a bordo di un velivolo dell’Aeronautica Militare. Ma il suo ritorno in Italia è tutt’altro che ordinario: Kaufmann non arriverà da una cella comune, ma da un reparto psichiatrico, dopo un episodio che ha lasciato sconcertati anche gli inquirenti.
Dietro al nome Francis Kaufmann si nasconde molto di più di un semplice imputato. Le sue molteplici identità, i lavori mai portati a termine e il suo comportamento imprevedibile raccontano una storia che sfiora il surreale. E ora, da Larissa a Roma, un nuovo capitolo sta per iniziare.

La furia in cella e il trasferimento in psichiatria
Non è stato un semplice passaggio in carcere, quello dell’uomo negli ultimi giorni. La direzione del penitenziario di Larissa, in Grecia, ha dovuto disporre il trasferimento urgente di Kaufmann nel reparto psichiatrico dopo che quest’ultimo avrebbe completamente distrutto la cella in cui era detenuto. Una furia improvvisa, apparentemente senza cause apparenti, che ha spinto le autorità greche a optare per una misura di contenimento psichiatrico, almeno fino al suo rimpatrio.
Le immagini dell’uomo prelevato e sorvegliato in condizioni di massima sicurezza stanno già circolando tra gli investigatori italiani. La sua instabilità mentale, però, pone ora interrogativi profondi anche sul percorso processuale che lo attende. Al momento, rimane indagato per il duplice omicidio della compagna Anastasia Trofimova e della figlia di 11 mesi, Andromeda, ma la sua condotta fa emergere interrogativi sulla sua lucidità mentale al momento del delitto.
Mille identità e una vita in fuga
Francis Kaufmann non è mai stato un uomo semplice da inquadrare. Non solo per i reati di cui è accusato, ma soprattutto per la rete di personaggi e alias che ha costruito nel corso degli anni. Rexal Ford, Matteo Capozzi, e chissà quanti altri nomi ha utilizzato per nascondersi, reinventarsi, fuggire. Ogni identità, un mestiere: chef a Malta, regista autodidatta, musicista visionario, cantante lirico improvvisato. Ma nessun progetto durava troppo. Tutto finiva in pochi giorni o settimane, lasciando dietro di sé soltanto un’eco di squilibrio e finzione.
Eppure, ciò che più colpisce non è tanto la quantità di vite inventate, quanto la disinvoltura con cui le interpretava. In ogni nuovo ruolo, Kaufmann sembrava crederci davvero. Non recitava: si convinceva di esserlo. Ed è proprio in questa ossessione per l’identità – o meglio, per il costante cambiamento di essa – che potrebbe annidarsi una parte della verità su ciò che è accaduto quella notte maledetta.
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