 
          La Fiorentina è finita in un vortice di risultati negativi da cui sembra incapace di uscire. I tifosi parlano ormai apertamente di resa, la società predica calma, ma la realtà è che Stefano Pioli è arrivato al capolinea. Domenica, contro il Lecce, si gioca il suo futuro: o arriva la vittoria, oppure l’esonero sarà inevitabile.
Galli sull’esonero di Pioli: «Contro l’Inter ho visto una fiammella diversa, ma serve una scossa. Fossi in loro fare questo» https://t.co/qglVJ9Sz6t
— CalcioNews24.com (@CalcioNews24) October 31, 2025
Nessuno, solo due mesi fa, avrebbe immaginato un simile crollo per una squadra costruita con grandi ambizioni e oggi invece penultima in classifica, con appena quattro punti in nove giornate e nessun successo all’attivo. (continua dopo la foto)

L’inizio è stato già inquietante, con due pareggi anonimi contro Cagliari e Torino, seguiti dalle sconfitte casalinghe con Napoli (1-3) e Como (1-2). Poi è arrivato un tracollo continuo: il pari a Pisa e con il Bologna in extremis, le sconfitte con Roma, Milan e infine Inter hanno delineato i contorni di un vero e proprio disastro sportivo.
Il clima di fiducia di agosto si è trasformato in un ottobre di sfiducia e pessimismo, con una squadra irriconoscibile, senza gioco né capacità di reazione. Anche i vertici societari, da Commisso a Pradè, si trovano ora nel mirino di una tifoseria esasperata, che non accetta più attenuanti. (continua dopo la foto)

Il futuro di Pioli dipende ora da una sola partita: se non vince con il Lecce, il tecnico dovrà lasciare la panchina viola. In corsa per la sua successione ci sono tre nomi forti: Paolo Vanoli, Daniele De Rossi e Thiago Motta, tre tecnici con profili molto diversi. E anche questo è un segno della confusione che regna nel club.
Per ora la società tiene la linea della fiducia a Pioli – ribadita anche nell’ultimo confronto al Viola Park con il dg Ferrari e il ds Pradè – ma è una fiducia a tempo. Contro il Lecce non ci saranno più alibi: o la Fiorentina cambia marcia, oppure cambierà guida. Perché, come dicono in molti a Firenze, stavolta “non si può più aspettare”.
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