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Ferrari, dopo Imola parlano i piloti: fra stupore, eterni dubbi e frustrazione

Ferrari, la sensazione di déjà vu è fortissima. Cambiano i circuiti, cambiano le condizioni, ma la trama rimane identica: le Rosse non riescono a scattare, e quando cerca di rimontare è troppo tardi. A Imola, come a Miami e prima ancora a Jeddah, si è ripetuto lo stesso copione: qualifica anonima, anzi stavolta disastrosa, buon passo gara, qualche spunto positivo e la solita litania sul “dover capire” cosa non va in questa macchina.

Charles Leclerc l’ha messa giù chiara, con la consueta onestà che lo distingue: “Ci metto il cuore, ma provo tanta frustrazione”. Il monegasco, bersagliato dalla sfortuna tra Virtual e Safety Car, ha spiegato come anche nel finale l’unico margine di scelta (montare la soft) sia stato limitato da un ingresso ai box complicato dalla presenza di Hamilton. “Non ho rimpianti”, ha detto, “ci ho provato fino alla fine”.

Poi una frase che è ormai diventata il refrain rosso della Rossa: “Dobbiamo capire”. E stavolta Leclerc non la banalizza: “Lo so che vi stufate a sentirla, ma è la verità. Bisogna capire la base del problema, e non l’abbiamo ancora trovata. Servirà tempo”. Ci si avvia verso metà stagione, e tutti a questo punto si chiedono: sì, ma quanto tempo? Prima dell’anno prossimo? (continua dopo la foto)

Il team principal Fred Vasseur, da parte sua, ha messo in fila gli aspetti chiave con una freddezza che non è indice di un distacco dai problemi, ma consapevolezza: “Sappiamo che non stiamo vincendo e che non siamo all’altezza delle attese. Ma dobbiamo tirare fuori il massimo da ogni condizione”. Magra consolazione, verrebbe da rispondere, per chi sognava un anno di riscossa.

La strategia a Imola non è stata negativa, anzi: “Il passo gara c’era, la gestione è stata buona, l’esecuzione anche. Ma ci manca la performance in qualifica, ed è lì che dobbiamo lavorare. Lo spirito dei tifosi? Meraviglioso. È facile essere ferraristi quando si vince. Questo supporto invece vale oro”. Sì, perché in tutto questo caos, il faro delle Rosse sono proprio loro: i tifosi. Passionali e incredibilmente pazienti.

In merito all’episodio tra Leclerc e Albon, la scelta di restituire la posizione dopo un sorpasso al limite è stata dettata dal buon senso: “Meglio perdere un posto che rischiare una penalità tripla. La Direzione Gara non dava buone sensazioni”. E ora, testa a Monaco: “Là sarà tutto diverso”. Altra frase già sentita prima di ogni Gran Premio… “Il circuito cittadino, la gestione gomme, la qualifica… possiamo sperare in qualcosa di più”.

Nel mezzo della frustrazione che attanaglia la Ferrari, però, è emerso almeno il sorriso di Lewis Hamilton. Il sette volte campione del mondo ha chiuso quarto, partendo dalle retrovie e sfruttando alla grande ogni opportunità: “Non mi aspettavo questo risultato” ha ammesso il pilota inglese, “ma ho sentito grandi sensazioni dalla macchina”. (continua dopo la foto)

Poi un omaggio che ha fatto emozionare molti: “Questo mare rosso a Imola mi ha ricordato gli anni di Schumacher. La bandiera Ferrari, la passione, l’atmosfera… è stato speciale”. Un Hamilton coinvolto, sereno, che finalmente rilascia una dichiarazione ottimista per il futuro: “Pian piano stiamo arrivando”.

Ma il cuore non basta, la strategia da sola non è sufficiente. Se la Rossa vuole tornare davvero grande e non solo sperare nei magheggi delle strategie, serve uno scatto tecnico, mentale, progettuale. A Monaco avremo altre risposte. Ma serve qualcos’altro, perché esultare e sorprendersi per un quarto posto, anche se comprensibile in questa situazione, è il segnale che più di qualcosa non sta funzionando.

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