Una morte che lascia domande e polemiche
L’assenza di un protocollo medico d’emergenza ben definito negli stadi senegalesi ha riacceso il dibattito sulla sicurezza degli atleti in campo. La Federcalcio senegalese (FSF) ha annunciato un minuto di silenzio su tutti i campi in onore di Ndiaye, ma il gesto appare più simbolico che risolutivo. Molti osservatori chiedono ora azioni concrete: defibrillatori, staff medico adeguato, linee guida chiare. Perché un calciatore non può morire sotto gli occhi di tutti senza che il sistema si fermi.

Chi era Ndiaye
Ndiaye era un leader rispettato e un atleta disciplinato. Solo pochi giorni prima della tragedia, aveva condiviso su Instagram un momento emozionante: un compagno gli legava al braccio la fascia da capitano, con la didascalia: “Felice di tornare a giocare in campionato. Possiamo farcela.” Un messaggio di speranza che oggi suona come un triste presagio. Il club dell’US Ouakam lo ha ricordato con parole sentite: “Ha sempre dimostrato il suo amore per il club dentro e fuori dal campo”, riporta Il Fatto Quotidiano.
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