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Djokovic, il regno che si sfalda: Nole al capolinea? L’allarme di Bertolucci

Novak Djokovic è stato un campione leggendario, un tennista fra i piĂ¹ forti di tutti i tempi, per alcuni il piĂ¹ forte di sempre. Il suo impressionante palmares di successi, d’altronde, non lascia adito a dubbi. Sino a poco tempo fa, ogni suo ingresso in campo era un rito, le sue vittorie quasi un’abitudine. Ma oggi, dopo l’eliminazione subita da Matteo Arnaldi al Masters 1000 di Madrid, in molti si chiedono se la sua carriera sia ormai giunta al capolinea.

Non parlano solo le emozioni, ma soprattutto i numeri, che in questo inizio di 2025 sono spietati: quattro eliminazioni al primo turno, un unico sussulto a Miami, una lunga serie di sconfitte contro avversari che fino a poco tempo fa non avrebbero nemmeno pensato di impensierirlo.

Paolo Bertolucci, l’ex tennista azzurro che oggi è diventato cronista e osservatore lucido del tennis contemporaneo, affonda il bisturi sulle pagine della Gazzetta dello Sport: “La sconfitta contro Arnaldi allunga ombre sinistre sul futuro di Nole“. Secondo l’amatissimo compagno di doppio di Panatta, quella contro Arnaldi è stata piĂ¹ di una giornata storta: è la fotografia di un declino fisico e mentale.

Djokovic appare in affanno negli spostamenti, vulnerabile negli scambi lunghi, privo di quella velocitĂ  di palla che era il suo marchio di fabbrica. Ma il segnale piĂ¹ inquietante è nei suoi occhi: spenti, svuotati, incapaci di evocare quel fuoco che un tempo era un segnale di dominio, di riscossa, di rimonte impensabili o di finali dominate.

La preoccupazione non è solo atletica, ma affonda le radici nella mente del campione. “Non si tratta solo di condizione fisica“, avverte Bertolucci, “ma della totale assenza di motivazioni che emerge da ogni suo gesto”. Un tratto umano, forse inevitabile alla soglia dei 38 anni. Ma colpisce ugualmente in chi ha costruito il proprio mito su una feroce volontĂ  di dominio.

Oggi Djokovic sembra giocare per onorare il passato, non per costruire il futuro, e vista l’etĂ  è anche comprensibile. Scende in campo come un re decaduto, costretto a brandire lo scettro ormai svuotato di potere, consapevole che i giovani sfidanti nel vederlo dall’altra parte della rete non tremano piĂ¹.

Anche dagli Stati Uniti, la voce autorevole di Rennae Stubbs, ex campionessa Slam e oggi commentatrice senza peli sulla lingua, ribadisce il concetto: “I ragazzi non si sentono piĂ¹ intimiditi. E questa è la chiave”. Non è solo questione di errori non forzati (32 contro Arnaldi), nĂ© di passaggi a vuoto. Ăˆ il segnale di un’era che si va spegnendo.

Quando un campione smette di incutere paura, il sipario inizia ad abbassarsi. “Perdere l’aura”, dice Stubbs, “è il primo passo verso il declino, ed è quello che sta succedendo a Djokovic”. Il prossimo appuntamento sarĂ  Roma, poi il sacro tempio del Roland Garros e infine Wimbledon. Ma il Djokovic di oggi non sembra in grado di impensierire i nuovi alfieri del tennis.

Il rischio è che l’oro olimpico, tanto agognato, sia stato davvero il suo canto del cigno. Come per Federer dopo il 2019 e per Nadal dopo il 2022, anche per Nole il tempo potrebbe aver scandito gli ultimi rintocchi di una carriera incredibile e, forse, inimitabile. Dispiace, certo, ma è così che funzionano le cose nello sport.

Forse Djokovic troverĂ  un sussulto d’orgoglio per lottare almeno negli Slam, che sono il suo obiettivo dichiarato. Lì, per un’ultima volta, forse vedremo ancora quello sguardo che terrorizzava gli avversari e faceva capire tutto prima ancora di cominciare le partite. Ma il regno di Novak Djokovic il dominatore sembra ormai al tramonto. PerchĂ© il tempo non perdona nessuno, nemmeno i miti.

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