
Sinner, ora, davvero, basta. Nonostante le parole chiarissime di Wada e Itia sul caso Clostebol, c’è chi continua a rimestare nel torbido, oltretutto spargendo falsità e inesattezze. Perciò, a riportare ordine è intervenuto Franco Arturi sulla Gazzetta dello Sport, stanco di attacchi mossi senza conoscere i fatti, o peggio, travisandoli. Per questo le uscite di Serena Williams e Federica Pellegrini, stavolta, sono state veri e propri scivoloni.
#Sinner torna ad allenarsi a Montecarlo, ma le polemiche sul caso Clostebol non si spengono. Intanto Jannik si prepara al ritorno in campo da numero uno del mondo con un unico obiettivo: Roma
— MOW MAG (@mow_mag) April 17, 2025
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La frase di Serena – “A me avrebbero dato vent’anni” – è una sparata vittimistica, spiega Arturi, che non fa onore alla sua straordinaria carriera. Un’iperbole che punta tutto sull’emotività e ignora i fatti. E i fatti, appunto, dicono che Jannik non è mai stato colpevole di nulla. Serena tira in ballo Maria Sharapova, quasi a voler legare il caso Sinner a quello della russa squalificata per doping. Ma i due episodi sono imparagonabili.
Sharapova assunse per anni Meldonium, poi entrato nella lista delle sostanze proibite. L’ITF la avvisò con una mail, lei la cestinò. Risultò quindi positiva, colpevole di avere assunto la sostanza volontariamente e poi fu squalificata. Una dinamica che può generare empatia (l’Itf avrebbe potuto comunicare un dato così importante anche in altre maniere e non solo con la mail) ma non giustifica l’accostamento con un caso come quello di Sinner, che è completamente diverso.

Serena, peraltro, ha più di una scusante e merita senza dubbio solidarietà per gli attacchi di cui è spesso bersaglio, anche pesanti e disgustosi. Razzismo, sessismo, odio social: piaghe quotidiane. E anche Pellegrini è stata soggetta a insulti inaccettabili, ma questa purtroppo è la dinamica dei social. E, in ogni caso, non le autorizza a deformare la realtà dei fatti.
Federica Pellegrini, a differenza di Serena, ha meno giustificazioni per ciò che ha detto. Con tono “pacato” ma tenace ha sostenuto in un’intervista a Repubblica che Sinner sarebbe stato trattato “diversamente dal 99% degli atleti”. Solo che non è vero, proprio per niente. E rilasciare dichiarazioni simili proprio alla vigilia del rientro di un atleta impeccabile che rappresenta con onore tutta Italia appare come un gesto scorretto, inutile e anche poco rispettoso del lavoro di un “collega” dello sport.
La ricostruzione dell’ex “Divina”, come fa notare Arturi, ha tutta l’aria di una classica operazione di “disinformacia”, la propaganda distorsiva in stile guerra fredda. Un pezzo di post-verità, costruito su mezze informazioni e insinuazioni senza fondamento. Per questo è grave, ed è grave che di fronte alla marea di critiche ricevute Pellegrini insista con la sua versione.
La posizione di Federica fa ancora più rumore perché arriva da chi, come membro del Cio, dovrebbe conoscere il rigore della Wada, che proprio del Cio è espressione. Ebbene, la Wada ha chiarito ufficialmente che il caso Sinner non è doping. Non per generosità, ma perché così dicono le analisi, la dinamica dei fatti, le consulenze tecniche. E Pellegrini, che ha un ruolo istituzionale, non può non saperlo. Invece smentisce la stessa istituzione di cui fa parte per attaccare un suo collega.

Pellegrini insiste sui controlli a sorpresa – che nel caso specifico non c’entrano nulla, che esistono anche per i tennisti e soprattutto non cambiano la sostanza: Sinner è stato sospeso due volte, come da prassi, ma la ricostruzione della contaminazione è stata valutata immediatamente credibile. Tanto da convincere in pochi giorni giudici internazionali e successivamente, in via definitiva, tre esperti scelti proprio dalla Wada. Nessun favoritismo, nessun colpo di spugna.
ILa differenza sta proprio lì: nella prontezza con cui il team di Sinner ha ricostruito l’accaduto. Altri atleti, incappati in simili contaminazioni accidentali, per loro sfortuna, ci hanno messo mesi. Lui no. Nel caso di Sinner non c’era dolo, né omissione. C’era solo uno spray cicatrizzante usato dal fisioterapista. Tesi stra-dimostrata dal fatto che la Wada ha analizzato tutti i test antidoping di Jannik nel corso dei 12 mesi precedenti senza trovare nulla.
Ma anche questo Pellegrini lo ignora, o lo tace. Inutile poi lamentarsi delle critiche: condannati e stigmatizzati come meritano i post di insulti degli inqualificabili leoni da tastiera, forse Federica dovrebbe chiedersi come mai buona parte del pubblico, e anche alcuni suoi colleghi nuotatori, non dimostrano nei suoi confronti una particolare simpatia. Il “patriarcato” spesso invocato, in questo caso, non c’entra. Forse è la strategia comunicativa che va rivista.
Sinner ora va lasciato in pace
Infine, proprio grazie al clamore suscitato dal caso Sinner, oggi la Wada ha cambiato il protocollo per gestire le contaminazioni: in molti si erano lamentati per i regolamenti troppo stringenti, soprattutto per le micro-contaminazioni che chiaramente non c’entrano nulla con il doping: ebbene qualcosa, da allora, è migliorato. Se esisteva un’ingiustizia ed è stata sanata, bisognerebbe esserne contenti, non continuare a lamentarsi.
Federica e Serena sono state due grandi campionesse, ma stavolta hanno sbagliato. La prima sembra non conoscere neppure le opinioni e le spiegazioni degli organismi che rappresenta, e questo è molto grave. La seconda, ogni tanto, pare ancora prigioniera della sua guerra personale col sistema, ma a differenza della Pellegrini ha tessuto grandi lodi e rilasciato espressioni di simpatia per Sinner. E anche qui, Federica qualche domanda sul suo modo di comunicare potrebbe porsela.
In mezzo a tutto questo c’è Jannik Sinner, un atleta serissimo che ha sempre seguito criteri professionali inattaccabili: sobrietà, trasparenza, rispetto delle regole, grande dedizione al lavoro. Il numero uno azzurro non ha bisogno di difensori d’ufficio, ma nemmeno di accuse infondate. Perché quando la verità è già stata accertata, continuare a insinuare è un gioco al massacro, è scorretto nei confronti dell’atleta e nessuno ne esce vincitore.
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