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Venturini conquista la Siberia, una nuova impresa del maratoneta

Nell’estate del 2017 Paolo Venturini aveva attraversato in 11 ore l’altipiano Gandom Beryan in Iran, correndo per 75 km nel deserto di Dasht-e-Lut alla temperatura di 67 gradi. Stavolta, l’opposto. Completare una (quasi) maratona nel gelo della Siberia, a una temperatura di quasi -60°c. Una sfida per superare la quale l’atleta delle Fiamme Oro si è sottoposto a una preparazione di un anno e mezzo e a un lungo programma di durissimi allenamenti. Che gli hanno permesso, nei giorni scorsi, di venire a capo dell’impresa definita ‘Monster Frozen’. Ossia, riuscire a percorrere i 39,120 Km tra Tomtor e Oymyakon, nella Jacuzia. Paesi che si contendono il titolo di centri abitati nei quali si sia mai registrata la temperatura più bassa dell’emisfero boreale.

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Da Maximum Temperatus a Monster Frozen

Prima della Maximum Temperatus iraniana, Venturini aveva corso nell’infernale Valle della Morte nel Nevada (altri 70 chilometri a 53c°) e scalato – correndo – il vulcano Chimborazo, in Ecuador, cima che vanta la maggior distanza esistente dal centro della Terra. Sono state proprio queste prove, così estreme, ad aver reso il cinquantenne runner e biker padovano, sovraintendente della Polizia, un personaggio capace di attrarre su di sé l’attenzione delle stesse istituzioni. Dal viceministro degli Esteri russo al dottor Vladimir Vasilyev delle relazioni esterne, uno degli scienziati interessati alle reazioni del fisico umano sottoposto a tali sollecitazioni.

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Il team dietro l’impresa di Paolo Venturini

Per questo, tra il 17 e il 22 gennaio, a seguirlo nello svolgimento dell’impresa ci sono state sei persone che l’hanno accompagnato dall’Italia. Due medici del dipartimento di Medicina dello sport dell’Università di Padova, un traduttore, esperti di medicina del freddo dell’Università di Yakutsk e la sua compagna. E una troupe cinematografica (per le riprese necessarie a realizzare un documentario su quanto accaduto), oltre a un camion della Protezione Civile della Jacuzia, attrezzato con una cabina riscaldata necessaria per i cambi previsti. E necessari, visto che nessun abbigliamento tecnico a disposizione avrebbe potuto permettergli di affrontare tali temperature.

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La preparazione della Maratona più estrema

Il runner ha dovuto riadattare determinati accessori e approfittare delle peculiarità della lana merino per scaldare il corpo (anche bagnata), prevedendo come detto quattro diversi cambi di vestiario. E finendo per arrivare al traguardo con del ghiaccio sotto il quarto dei sei strati del suo equipaggiamento termoisolante. Sul viso, grasso d’orso e di foca, e una maschera della Lotto – dotata di un piccolo foro dal quale poter bere – ispirata alle antilopi locali (dotate di una proboscide tronca) per limitare i danni dovuti all’inalazione di cristalli di ghiaccio. Rischio che ha cercato di evitare anche controllando accuratamente la velocità media da tenere durante la prova, che alla fine è durata complessivamente 3 ore e 54 minuti.

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Dagli allenamenti alla festa per l’Uomo del Freddo

Prima ancora, tanti allenamenti anche nell’abbattitore del pesce della Pescheria Viviani, a Verona. Molta pasta, e parmigiano, durante la corsa, che di certo ha fornito molti dati utili. Oltre a dimostrare – per l’ennesima volta – che nulla è impossibile, almeno per Paolo Venturini! Che oggi, ripensando a quanto realizzato, ricorda soprattutto il numero incredibile di zanzare che lo hanno perseguitato in quelle 4 ore. E il tempo passato a recuperare al caldo, dopo l’arrivo, prima di potersi godere la festa con costumi e musiche tradizionali organizzata per festeggiare “L’uomo del freddo”.

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