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“Schlein trema”. Referendum, perché la leader rischia grosso: “La fanno cadere”

I “riformisti” del PD e il dibattito interno

Il tema della rappresentanza dei riformisti all’interno del partito viene posto in evidenza. Nonostante vengano spesso citati, questi esponenti non sembrano esercitare un’influenza decisiva sulle scelte strategiche della segreteria. Capezzone invita i riformisti a riflettere sul proprio ruolo, sottolineando la necessità di una presa di posizione chiara e pubblica, al di là delle occasionali dichiarazioni di dissenso.

I riformisti del Partito Democratico si trovano di fronte a una scelta: continuare a manifestare dissenso in modo sporadico e poi adeguarsi alle decisioni della segreteria, oppure rivendicare una loro identità politica distinta. La possibilità di riprendere proposte come la separazione delle carriere tra magistrati e pubblici ministeri, già avanzata in passato, rappresenterebbe una via per distinguersi e rafforzare la propria posizione all’interno del partito.

Elly Schlein durante un intervento pubblico

Il referendum del 2026 come banco di prova per il PD

Un’eventuale azione autonoma dei riformisti potrebbe avere effetti positivi, offrendo loro maggiore legittimazione e visibilità. Anche in caso di esito sfavorevole nella battaglia politica, la conquista di una soggettività propria segnerebbe una svolta nel confronto interno al PD.

Il prossimo referendum costituzionale si profila come un appuntamento determinante non solo per la tenuta del governo Meloni, ma anche per il futuro politico di Elly Schlein e del Partito Democratico. L’esito potrebbe segnare l’inizio di una nuova fase nel centrosinistra italiano o, al contrario, rappresentare la fine delle aspirazioni riformiste all’interno del partito.

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