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NBA, come giocano i nuovi Houston Rockets di Kevin Durant

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Kevin Durant

Il mercato estivo dell’NBA continua a regalare piccole e grandi sorprese, ma il colpo principale di questa offseason ad ora resta l’approdo di Kevin Durant a Houston. Quello che è senza ombra di dubbio uno dei migliori giocatori di basket della storia lascia quindi la sua ultima residenza – il disfunzionale inferno noto come Phoenix Suns – per diventare la principale arma offensiva di una delle squadre più giovani ed elettrizzanti dell’NBA. Anche se non li tifate, ecco perché il prossimo anno dovreste seguire il campionato di Houston: ci sarà da divertirsi.

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I problemi offensivi di Houston

Partiamo da una partita specifica, vale a dire Gara 7 contro Golden State al primo turno dei playoff 2025, e da una giocata in particolare: la prima del match. Palla a Houston, con Jalen Green che da il via all’azione: la palla arriva a Alperen Sengun, mentre gli altri si dispongono sul perimetro senza muoversi ulteriormente; Sengun prova a penetrare, si arrota su se stesso, sparacchia il pallone con un gancio, prende il suo stesso rimbalzo e perde palla. Questa azione riassume, grossomodo, tutti i problemi dei Rockets nella metà campo avversaria. Riportiamo un dato che può essere utile a chiarire il contesto: in una partita ad eliminazione diretta, Houston ha generato 78 punti per 100 possessi; Charlotte, la peggior squadra della stagione regolare NBA in questo parametro, viaggia sui 90 punti per 100 possessi.

È evidente, dunque, che al netto di uno straordinario talento diffuso Houston ha un attacco troppo ondivago e poco incisivo soprattutto dal perimetro: ed è qui che entra in gioco quello che forse è lo scorer puro più grande di sempre, Kevin Durant.

Cosa può portare Kevin Durant a Houston?

Le risposte immediate sono due: punti e stabilità. Ma andiamo con ordine. Per ricevere Durant, i Rockets hanno dato in cambio Jalen Green e Dillon Brooks: il primo è stato a lungo una delle principali opzioni offensive della squadra ma, giunto al quarto anno, è chiaro che la sua incostanza non può più essere mascherata dai grandi exploit di cui si rende protagonista nelle serate buone. Brooks è un mastino difensivo e collante nello spogliatoio, ma vive di un basket poco produttivo a livello di cifre e che, superando i 30 anni, può non essere più così sostenibile.

La dirigenza ha perciò scelto di sacrificare questi due pezzi sull’altare dello scoring. Kevin Durant non è di certo un giocatore che ha bisogno di presentazioni e il cui ricco palmarès funge da eloquente biglietto da visita: 2 volte campione NBA, 2 MVP delle Finals, 1 MVP della stagione regolare, 15 volte All Star, Rookie dell’anno, 4 volte capocannoniere della stagione regolare e potremmo andare avanti ancora per molto.

Durant è stato una delle poche cose andate bene nella stagione di Phoenix: l’ala statunitense è stato infatti protagonista, secondo Cleaning The Glass, di un + 6.2 punti per la sua squadra; in sostanza, con Durant in campo Phoenix attaccava meglio ed era maggiormente produttiva. Questo significa, se qualcuno avesse dubbi, che Durant può ancora fare una netta differenza nelle squadre in cui gioca. Durant è un attaccante d’elite, che da solo può risolvere molti dei problemi di Houston: un attaccante fortissimo su ogni livello che si abbina con giovani atletici e ottimi difensori. Sulla carta, dunque, è il fit ideale.

Ovviamente, non sarà tutto rose e fiori: servirà infatti trovare la giusta alchimia, soprattutto nelle prime uscite e nelle prime settimane. Inoltre, Durant per segnare ha – ovviamente – bisogno di possessi, che si tradurranno i meno palloni a disposizione per Sengun, Van Vleet, Thompson e tutti gli altri giocatori. I vari membri del roster dovranno essere bravi a saper ridimensionare il proprio ruolo, perlomeno nello scoring puro. I Rockets, ad esempio, hanno in Van Vleet un eccellente portatore di blocchi che sarà fondamentale per liberare lo spazio in modo che Durant possa liberare il proprio arsenale offensivo, specialmente allargandosi e tirando dalla punta, da cui vanta un vertiginoso 40.3% da tre punti. E le percentuali dagli angoli sono ancora migliori, con il 47.8% a sinistra e il 52.5% a destra: cifre che fanno sussultare i tifosi di Houston, tremendamente poco abituati ad un tiro efficace dal perimetro.

Altri acquisti da sottolineare

In chiusura, facciamo una piccola menzione all’altro, interessante acquisto della sessione estiva di Houston: Dorian Finney-Smith. Arrivato da Los Angeles, Finney-Smith è un 3&D (un giocatore specializzato nel tiro da tre e nella difesa) d’esperienza, che ha sempre portato benefici offensivi alla propria squadra e che, per molti dei motivi sopracitati, sarà dare manforte a Houston.

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