Alba, due ragazzi ritrovati senza vita in un rudere: morti per asfissia
Il sindaco di Alba, Alberto Gatto, ha espresso il suo profondo cordoglio per la tragedia che ha colpito i due giovani. “Abbiamo appreso che, in questo periodo, Issa Loum e Mamadou Saliou Diallo non potevano essere accolti nelle strutture disponibili. Non ci sono parole adeguate per commentare una simile notizia. Questo evento sottolinea la necessità di un maggiore impegno da parte della nostra società e delle istituzioni a tutti i livelli. Le nostre condoglianze vanno alle famiglie e ai cari dei ragazzi”, le parole del primo cittadino. (continua a leggere dopo le foto)
Alba, due ragazzi ritrovati senza vita in un rudere: erano noti agli operatori della Caritas
Issa Loum e Mamadou Saliou Diallo avevano svolto vari lavori e possedevano documenti regolari in Italia. Tuttavia, in questo periodo erano disoccupati e, non riuscendo a trovare un alloggio nelle strutture disponibili, erano stati costretti a cercare rifugio nel rudere. Con le temperature gelide dell’inverno, i due ragazzi avevano deciso di accendere un fuoco per riscaldarsi, ma i fumi del braciere li hanno purtroppo intossicati, portandoli ad una tragica morte. Secondo le prime testimonianze, pare che i due giovani fossero noti agli operatori della Caritas, a cui si erano più volte rivolti per dormire o anche solo per cenare nel Centro di prima accoglienza di via Pola. (continua a leggere dopo le foto)
Le parole del direttore della Caritas diocesana
«Due ragazzi fragili, ma conosciuti e in qualche modo integrati, anche perché da tempo risiedevano in Italia. Avevano entrambi lavorato nel periodo della vendemmia e Diallo nelle ultime settimane aveva anche fatto il giostraio», ha detto il direttore della Caritas diocesana, don Mario Merotta. La notizia della loro morte ha scosso gli ospiti del Centro. «Purtroppo Alba non è il Paradiso. Molti giovani migranti arrivano qui attratti dal benessere apparente, sperando di trovare lavoro, ma poi le cose non vanno come speravano. In via Pola siamo riusciti ad attivare 21 posti letto, ma la richiesta è ben superiore. L’accoglienza va fatta con certi criteri, un luogo di riposo non può trasformarsi in un rifugio in cui ammassare le persone», ha dichiarato a “La Stampa” don Mario Merotta. E ancora: «In estate e nel periodo della vendemmia è più facile soddisfare le richieste e seguire il percorso di ognuno. Ora che il lavoro in campagna è terminato, molti giovani sono andati via, in cerca di un mestiere altrove. Alcuni sono rimasti e magari si sono accampati in luoghi di fortuna, lontano dagli occhi degli albesi, come è accaduto a questi due poveri ragazzi. E i casi non sono affatto isolati».
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