Il fuorigioco è una delle regole più discusse, affascinanti e anche misteriose del calcio. Capace di cambiare il destino di una partita con una semplice linea tracciata sul prato o, oggi, su uno schermo del VAR, questo principio nasce per evitare che gli attaccanti rimangano “imboscati” vicino alla porta avversaria in attesa di un passaggio. In teoria, è semplice: un giocatore è in fuorigioco se si trova più avanti del pallone e del penultimo difendente nel momento in cui gli viene indirizzato un passaggio. Ma tra teoria e pratica c’è un mondo di sfumature. Il regolamento, infatti, è cambiato più volte nel tempo e ogni modifica ha alimentato dibattiti infiniti. Dalle prime versioni ottocentesche ai moderni frame congelati dal VAR semiautomatico, il fuorigioco è diventato un elemento cruciale nella tattica moderna. In questo articolo analizzeremo nel dettaglio come funziona il fuorigioco, quali sono le sue eccezioni, i casi più controversi e come la tecnologia sta trasformando una delle regole più iconiche del calcio. (CONTINUA DOPO LA FOTO)

Quando un giocatore è in fuorigioco?
Capire come funziona il fuorigioco è fondamentale per seguire il calcio. La regola del fuorigioco, spiegata in modo semplice, dice che un giocatore si trova in posizione irregolare quando, nel momento in cui un compagno gli passa il pallone, si trova più vicino alla linea di porta avversaria rispetto sia al pallone che al penultimo difendente (di solito l’ultimo è il portiere). Tuttavia, essere in fuorigioco non è di per sé un’infrazione: lo diventa solo se il giocatore partecipa attivamente all’azione, toccando la palla o disturbando un avversario. Non c’è fuorigioco sui calci di rinvio, rimesse laterali o corner.
Ci sono eccezioni alla regola del fuorigioco?
Sì, esistono alcune eccezioni alla regola del fuorigioco. Per capire come funziona il fuorigioco, bisogna sapere che un giocatore non è in posizione irregolare se riceve il pallone da una rimessa laterale, da un calcio d’angolo o da una rimessa dal fondo. Inoltre, la regola del fuorigioco prevede che non ci sia infrazione se il giocatore si trova nella propria metà campo o è in linea con il penultimo difensore (solitamente l’ultimo uomo escluso il portiere). In più, anche se in posizione di fuorigioco, un calciatore non commette fallo se non partecipa attivamente all’azione o non trae vantaggio dalla posizione.
Cosa significa “fuorigioco attivo” e “passivo”?
Nel calcio, si parla di fuorigioco attivo quando un giocatore, pur trovandosi in posizione irregolare, partecipa direttamente all’azione, ad esempio toccando il pallone, ostacolando un avversario o traendo vantaggio dalla sua posizione. In questo caso l’arbitro ferma il gioco e assegna un calcio di punizione indiretto alla squadra avversaria. Il fuorigioco passivo, invece, si verifica quando il giocatore è in posizione di fuorigioco ma non influenza lo sviluppo dell’azione: non tocca il pallone, non disturba avversari e non trae vantaggio dalla propria posizione. In tal caso, l’azione prosegue regolarmente. La differenza dipende quindi dal coinvolgimento effettivo del calciatore nell’azione di gioco.

Perché la regola del fuorigioco è così discussa?
La regola del fuorigioco è così discussa perché rappresenta uno dei confini più sottili tra genialità offensiva e irregolarità tecnica. Con l’introduzione del VAR e delle nuove tecnologie, ogni dettaglio millimetrico come una spalla, un piede o anche solo una una parte di corpo può determinare la validità o meno di un gol. Questo ha spostato il dibattito dall’interpretazione umana alla precisione tecnologica, generando spesso frustrazione tra tifosi e giocatori. Inoltre, la valutazione del “fuorigioco attivo” lascia ancora margini di soggettività, alimentando polemiche e opinioni contrastanti. In sostanza, è una regola semplice in teoria ma complessa nella pratica.
Come funziona il VAR sul fuorigioco millimetrico?
Sul fuorigioco millimetrico, il VAR utilizza una tecnologia semi-automatica basata su telecamere ad alta definizione e un sistema di tracciamento tridimensionale dei giocatori e del pallone. Ogni atleta indossa sensori virtuali (spalle, ginocchia, piedi) rilevati fino a 50 volte al secondo. Al momento del passaggio, il software genera una linea 3D che identifica la posizione esatta del corpo in relazione al penultimo difendente. L’arbitro riceve quindi un’immagine statica con la proiezione del punto di contatto del pallone e delle linee blu e rosse che mostrano chi è in fuorigioco. Se la distanza è minima, si parla di “fuorigioco semiautomatico”, e la decisione finale spetta comunque al VAR, che verifica la correttezza dei dati e comunica l’esito all’arbitro in campo.
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