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Claudio Ranieri spiega il suo “no” alla Nazionale: “Troppe polemiche se avessi accettato”

Claudio Ranieri ha detto no all’azzurro. Lo aveva fatto qualche settimana fa, in silenzio e senza polemiche, nel momento più delicato della Nazionale, subito dopo l’esonero di Luciano Spalletti. Oggi però, a giochi fatti e con Rino Gattuso ufficialmente in sella, Sir Claudio ha spiegato i motivi del suo rifiuto, intervenendo al Tg3 Rai con la consueta pacatezza.

“Credo che dire no alla Nazionale sia costato a tutti”, ha detto Ranieri. “Ma non potevo fare due lavori. Ho un contratto con la Roma e non ho potuto accettare quello che voleva la Federazione. La Nazionale ha bisogno di una persona libera di poter scegliere e convocare chi vuole“.

Non è solo una questione di incompatibilità formale. Ranieri ha voluto chiarire che il problema era di opportunità e correttezza. “Con me ci sarebbero stati troppi problemi a ogni convocazione. Se un giocatore avesse giocato novanta minuti e poi affrontato la Roma… insomma, era troppo. Meglio così, per tutti”.

Un ragionamento netto, che ha anche un sottotesto etico: un tecnico della Nazionale deve essere terzo, autonomo, non coinvolto in dinamiche di club. Ranieri oggi è consigliere della Roma e proprio da quel ruolo ha avuto un’influenza importante sulla scelta di Gian Piero Gasperini, nuovo tecnico giallorosso. (continua dopo la foto)

“Sono arrivato in un momento particolare“, ha detto parlando della sua esperienza nella Capitale, “ma grazie all’aiuto e all’apporto di tutti siamo riusciti a rimettere le cose a posto. Gasperini ha un compito importante, piano piano le cose si metteranno bene”.

Nessuna amarezza per il no, anzi: Ranieri mostra stima e fiducia nel nuovo ct. “In Nazionale ci deve essere un uomo libero. Gattuso è uno che la Nazionale l’ha conosciuta, l’ha lottata, l’ha sofferta. Per cui gli auguro ogni bene“.

E anche se non guiderà l’Italia, il suo contributo continua altrove: Ranieri resta una voce autorevole, capace di fare scelte difficili per preservare l’integrità del calcio italiano. Anche quando questo significa dire no al sogno più grande.

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