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Calcio italiano, cresce il dominio delle proprietà straniere: USA, Canada, Indonesia

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Con il passaggio di proprietà del Monza si chiude un capitolo lungo quarant’anni del calcio italiano. Per la prima volta, infatti, non ci sarà più una squadra legata al nome Berlusconi, dopo la lunga esperienza al Milan e i più recenti anni in Brianza. Contestualmente, sale a 24 il numero dei club professionistici gestiti da investitori stranieri, quasi un quarto del totale nazionale.

Serie A, più della metà in mani estere

La massima serie è il terreno principale dell’influenza straniera. Oggi 11 club su 20 sono a controllo estero: Milan, Inter, Atalanta, Roma, Fiorentina, Parma, Hellas Verona e Pisa, oltre a Como e Genoa.
A dominare è la presenza americana, con otto società, a cui si aggiunge il Bologna del canadese Joey Saputo. Il quadro si completa con i fratelli indonesiani Hartono (Como) e il romeno Sucu (Genoa).

Serie B, l’ascesa degli americani

Anche la cadetteria vede una forte componente estera, con sette società su venti in mani straniere. Il nuovo Monza si affianca a Cesena (JRL Investment Partners), Spezia (RAM Spezia Holdings) e Venezia (VFC Newco), tutte di matrice statunitense.
Dall’Irlanda arriva la Brera Holding (Juve Stabia), mentre il Padova è per il 68,25% controllato dalla lussemburghese J4A Holdings. A chiudere il quadro il Palermo, entrato nell’orbita del City Football Group dello sceicco Mansur.

Serie C, sei club a capitale estero

La presenza straniera tocca anche la Serie C, con sei squadre a proprietà internazionale.

  • Campobasso (North Sixth Group di Matt Rizzetta) e Triestina (House of Doge) sono americani.
  • La Pro Vercelli è controllata dalla olandese Bridge Football Group.
  • Il Catania è guidato dall’italo-australiano Ross Pelligra.
  • Il Livorno è nelle mani del manager brasiliano Joel Esciua.
  • Infine, il Perugia, ceduto da Massimiliano Santopadre all’argentino Javier Faroni.

Un calcio sempre più globale

Il panorama calcistico italiano si conferma quindi sempre più globalizzato, con capitali provenienti da Stati Uniti, Asia, Europa e Sud America. Una tendenza che porta nuove risorse, ma che allo stesso tempo ridisegna la geografia del potere calcistico, allontanandola sempre più dai confini nazionali.

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