
Non tutti vivono il tennis del circuito ATP come Novak Djokovic o Jannik Sinner. Anzi, la maggior parte dei professionisti naviga ben lontano dai fasti della top 50 e deve fare i conti, ogni giorno, con un equilibrio economico che spesso può diventare un vero incubo.
La difficile realtà economica dei tennisti fuori dalla Top 200: la proposta di Taro Daniel https://t.co/xNhFbwnrm4
— LiveTennis.it (@livetennisit) June 24, 2025
Taro Daniel, attualmente numero 157 del mondo, lo ha raccontato senza filtri al Financial Times, svelando il bilancio annuale di un tennista di medio livello. Il risultato? Il tennis, per chi non è una star, è una piccola impresa che rischia spesso di andare in perdita.
Il tennista giapponese ha snocciolato cifre precise: tra coach (50mila dollari più bonus del 10%), preparatore atletico (altri 50mila), viaggi, hotel, cibo, staff e attrezzature, il totale sfiora i 440mila dollari all’anno. Solo per “sopravvivere” nel circuito. Le spese operative mensili arrivano a circa 20mila dollari, una cifra che include voli, soggiorni, alimentazione e logistica.
Un volo interno negli Stati Uniti con due persone di staff e racchette al seguito? Fino a 2.000 dollari solo andata. A fronte di queste uscite, i ricavi stagionali – per un tennista del livello di Daniel – si attestano intorno ai 570mila dollari: 500mila dal montepremi, 50mila dallo sponsor abbigliamento e 20mila da quello delle racchette.
Il margine? Ridotto, anzi ridottissimo, soprattutto considerando che i premi vengono tassati alla fonte in ogni Paese dove si gioca. A quel punto, il rischio è quello di ritrovarsi con in mano un pugno di mosche dopo un anno di fatiche. Anche perché, serve ricordarlo: non tutti i tennisti fuori dalla top 100 guadagnano così tanto come Daniel, che comunque ha ottenuto anche risultati lusinghieri. (continua dopo la foto)

Gli sponsor, racconta Daniel, arrivano solo quando si vincono tornei noti al grande pubblico. “Se dici che hai vinto 20 Challenger, ti chiedono cos’è un Challenger”. Un paradosso che mostra quanto conti l’apparenza anche nello sport professionistico.
Per cambiare il sistema, Daniel propone una misura semplice e praticabile: dare 100mila dollari annui ai primi 300 o 400 tennisti del mondo, finanziati da ATP, WTA e dai tornei dello Slam, che incassano tra i 350 e i 500 milioni di dollari ogni anno.
“Basterebbero 8 milioni a testa da ciascuna organizzazione”, spiega, “per creare un fondo che renda sostenibile la carriera anche di chi non è al vertice”. Un’idea di buon senso, sottolinea, che servirebbe a garantire merito, equità e futuro a tutto il movimento. Perché se il tennis vuole restare uno sport globale e competitivo, e se i tornei vogliono continuare a esistere, non possono permettersi di perdere i loro “artigiani” della racchetta.
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