x

x

Vai al contenuto

Atp Rotterdam, Mattia Bellucci: “Vi spiego come ho battuto Medvedev e perché adesso cambia tutto”

Atp 500 Rotterdam, l’ultima volée di rovescio, un colpo degno del suo idolo John McEnroe, tocca due volte il campo di Daniil Medvedev. Mattia Bellucci si lascia cadere a terra, incredulo. Poi si rialza e riceve l’applauso sincero dell’ex numero uno del mondo. Subito dopo, l’abbraccio con Fabio Chiappini, l’allenatore che ha cambiato la sua carriera, portandolo dal numero 800 del ranking fino all’attuale 92, con un ulteriore balzo in classifica già garantito per lunedì.

Venerdì, nei quarti di finale di Rotterdam, lo attende uno tra Griekspoor e Tsitsipas. Quella contro Medvedev è la sua prima vittoria contro un top ten, la conferma di ciò che molti addetti ai lavori sostenevano da tempo: bastava avere pazienza. Con un fisico tutt’altro che imponente per gli standard del tennis moderno (1,75 m di altezza), ma un braccio mancino capace di infinite soluzioni, Bellucci dimostra che il suo posto nell’élite del tennis non è solo un sogno.

La vittoria contro Medvedev potrebbe essere la svolta della sua carriera. Dopo il match, Bellucci racconta il segreto della sua impresa: “Bisognava accettare lo scambio da fondo senza paura, essere aggressivi e cambiare il ritmo ogni volta che fosse possibile. Una palla corta, un serve and volley, un’accelerazione improvvisa. Certo, lui non sta giocando il suo miglior tennis, ma rimane un avversario incredibilmente solido, sempre attaccato al match”.

Ma quando ha capito di potercela fare? “Il primo set mi ha dato fiducia, nel secondo lui ha alzato il livello e nel terzo ho iniziato ad accusare un po’ di fatica. L’intensità era alta, ma sono stato bravo a gestire i momenti di difficoltà. Il break sul 4-3 al terzo set è arrivato quando meno me lo aspettavo, e da lì mi sono sentito libero: ho chiuso 6-3“.

Il linguaggio del corpo di Bellucci è stato impeccabile per tutta la partita. “Ero agli ottavi di un ATP 500, con il pubblico che spingeva e un avversario che ha fatto la storia. Mi sono detto: ‘Goditela e gioca il tuo tennis‘. L’atmosfera era speciale, ti faceva sentire dentro la battaglia”. L’abbraccio con Chiappini, a fine match, ha racchiuso tutta l’emozione del momento.

“Con Fabio ho un rapporto speciale. Mi ha aiutato moltissimo, soprattutto in questo inizio di stagione non facile. Dopo i primi due tornei dell’anno, mi ha chiesto uno sforzo in più sul piano mentale e tecnico, invitandomi a non pensare alla classifica ma solo alla qualità del mio gioco“.

Un contributo importante è arrivato anche dal mental coach Giuseppe Vercelli. “Arrivati tra i primi 150-200 al mondo, la differenza non è più nella tecnica, ma nella testa. Saper gestire i momenti difficili, l’errore, la frustrazione… Sono aspetti che fanno tutta la differenza del mondo”.

Atp 500 Rotterdam, Mattia Bellucci: “Me la sono goduta”

Bellucci è noto per la potenza del suo servizio. “Al Quanta Club di Milano, un bambino mi ha guardato a bocca aperta e mi ha chiesto come facessi a tirare così forte. Gli ho risposto che mi alleno tanto e che fare fatica è parte del gioco. Anche se sono entrato in Top 100, non posso permettermi di smettere di lavorare sulla tecnica. Quando non sono ai tornei, mi alleno fino a otto ore al giorno“.

Fuori dal campo, Bellucci ama viaggiare e scoprire nuove culture. “Quando posso, visito le città in cui gioco. Mi piace scoprire posti nuovi”. E tra i colleghi chi ammira di più? “Jack Draper e Ben Shelton sono due grandi talenti, anche se Shelton è tosto e in campo può essere un po’ scorbutico. Da mancino e attaccante, sono sempre stato affascinato dal gioco di Henri Leconte e John McEnroe“.

E gli sfizi che si concede? “Nulla di particolare, ma mi piacciono le sneakers. Ho sempre amato il basket, e ora il mio manager mi sta facendo approfondire il mondo delle scarpe da collezione. Con i primi guadagni mi sono comprato un paio di Jordan 1 del 1985. Guai a chi me le tocca!”.

Leggi anche:

Argomenti