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La Wada torna a far sentire la sua voce sul caso di Jannik Sinner, risultato positivo al Clostebol nel marzo 2024 con una concentrazione infinitesimale (inferiore a un miliardesimo di grammo per litro). L’agenzia antidoping, nonostante le polemiche e le molte voci che si sono alzate a difesa del tennista azzurro, ci va pesantissima.
Il direttivo esecutivo di PTPA dalla parte di Sinner: “Coinvolto ingiustamente in una disputa ITIA-WADA” – https://t.co/5tJZFzmUYd
— OA SPORT (@OA_Sport) February 12, 2025
Come noto Sinner era stato scagionato dall’Itia, che aveva riconosciuto la contaminazione involontaria attraverso il suo fisioterapista Giacomo Naldi, ma l’agenzia antidoping non ci sta e chiede una squalifica tra gli uno e i due anni. Lo scorso 26 settembre, la Wada ha presentato ricorso contro la decisione del tribunale dell’Itia, ritenendo errata la conclusione di “nessuna colpa o negligenza” per il numero uno.
In molti vedono dietro a questo caso una battaglia “politica”. Una squalifica così lunga per Sinner, per un episodio che in nessun modo avrebbe potuto favorirne le prestazioni agonistiche, rappresenterebbe un terremoto per il mondo del tennis, con danni di immagine ed economici non quantificabili. Ma l’Agenzia non sembra curarsene.
Il caso sarà discusso dal Tas a porte chiuse il 16 e 17 aprile. Il portavoce della Wada, James Fitzgerald, ha ribadito la posizione dell’agenzia: “Senza il principio della responsabilità oggettiva, l’antidoping non esisterebbe e i dopati vincerebbero“. Peccato che la stessa agenzia, in occasione del “doping di massa” che ha riguardato i nuotatori cinesi prima di un’Olimpiade, si sia voltata dall’altra parte accettando la tesi della contaminazione alimentare.
L’impressione di molti è che l’Agenzia stia sfruttando la visibilità che un nome come quello di Sinner porta sempre con sé. Chiedere la squalifica del numero uno del mondo per uno o due anni, quando la Wada stessa ha ammesso che non vi è stata assunzione volontaria, né vantaggi nelle prestazioni, è una posizione estrema e difficile da accettare. Si rischia di rovinare la carriera al più forte tennista del mondo per ragioni che con il doping, evidentemente, c’entrano poco.
Jannik Sinner, non c’è doping ma Wada insiste
La Wada, peraltro, riconosce che il tema delle contaminazioni accidentali è rilevante e assicura che la revisione del Codice mondiale antidoping sta prendendo in esame nuovi criteri per le sostanze a basso dosaggio. Resta il timore che alcune sostanze possano essere usate per mascherare altre pratiche illecite, ed è su questo che insiste l’agenzia.
Per Sinner, il verdetto del Tas avrà un peso enorme. Se la sua innocenza venisse confermata, si rafforzerebbe il concetto che la contaminazione involontaria va trattata con maggiore flessibilità. In caso contrario, la Wada segnerebbe un precedente pesante per tutto il mondo dello sport.
In caso di lunga squalifica per Sinner passerebbe il messaggio che si può rovinare la carriera a uno sportivo anche se, come dichiarato da Wada e da Itia, non sussiste un vero caso di doping. Impossibile non chiedersi, in assenza di un dolo o di vantaggi sportivi, che senso abbia questa posizione intransigente. Ora la risposta a queste domande spetterà al Tas.
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