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Uefa, la Superlega è morta, arriva la Superchampions: ma così rischia di morire il calcio

Un tempo si chiamava Superlega, abortita in una notte che il calcio europeo ricorda come una delle più infelici della sua storia. Ora la parola magica è “Superchampions”: un progetto che si presenta come evoluzione, ma somiglia pericolosamente a un travestimento del vecchio sogno elitario dei grandi club. A lanciare l’allarme è il Corriere della Sera, che scoperchia il vaso di Pandora mostrando l’ipocrisia della situazione.

Dalla Coppa dei Campioni alla Champions League, fino ad arrivare adesso alla nuova versione “super”: l’escalation è servita, ma per il calcio e per i tifosi non porta da nessuna parte tranne che a riempire le tasche dei club più ricchi. L’Uefa, che allora aveva combattuto con decisione la Superlega, oggi appare invece entusiasta del suo clone ben impacchettato e benedetto dall’Eca.

Per intenderci, l’Eca è l’associazione dei club che da tempo detta le regole del business calcistico. Ceferin si è già seduto al tavolo con Real Madrid e Barcellona. Non a caso i due club egemoni del calcio spagnolo sono sempre i primi ad annusare l’affare, e le trattative per il 2027 – anno di scadenza dell’attuale format della Champions – sono già partite. (continua dopo la foto)

Dietro la retorica dell’innovazione, la Superchampions rischia ancora una volta di danneggiare seriamente i campionati nazionali, in ogni dimensione: sportiva, tecnica, organizzativa, economica e televisiva. Fra chi esulta per la novità, in pochi considerano che questo significa rendere il calcio – da sempre uno sport per tutti – un prodotto economico elitario.

Ma non solo: tutto ciò che nei decenni ha fatto grande il gioco del pallone, cioè una sana competizione in cui ognuno può partecipare e i piccoli club possono scontrarsi con i grandi e magari batterli, andrebbe lentamente a scomparire. I vivai, i giovani calciatori, le sorprese, le rivalità fra città e squadre lentamente, il senso di appartenenza rischierebbero di scomparire per lasciare spazio a un unico torneo in stile “americano”.

Ma la cultura sportiva americana è totalmente diversa da quella europea, basti pensare al fatto che le squadre a volte cambiano città a seconda del proprietario e della convenienza. Immaginate il Barcellona che si trasferisce a Oslo, o Milan, Inter e Juventus che costruiscono i rispettivi stadi in Portogallo, in Svezia e in Romania e vanno a giocare lì le partite casalinghe, per fare tre esempi a caso. Perché le distanze negli spostamenti dei team a stelle e strisce sono quelle.

O pensiamo alla Nba, una franchigia di grande prestigio certo, basata però più sullo spettacolo che sul concetto di sport come lo intendiamo noi europei. Tanto che le partite sono spezzettate da intervalli lunghissimi, spettacoli, quiz, premi, giochi. Chi paga il biglietto va soprattutto ad assistere a uno show. Immaginate 45 minuti di cabaret, balletti, acrobazie e giochini con il pubblico fra il primo e il secondo tempo di un infuocato Roma-Lazio. Magari farebbe audience in Tv, ma ai tifosi di calcio tutto questi interesserebbe davvero? Ne dubitiamo. (continua dopo la foto)

Ceferin presidente della UEFA

La Fifa si è già spinta oltre con un Mondiale per club gonfiato fino all’assurdo, e l’Uefa sembra intenzionata a fare lo stesso con le coppe. Il risultato? Un calcio sempre più diseguale, dove pochi club diventano sempre più ricchi e le leghe nazionali perdono fascino, pubblico e risorse. Ma ormai sembra dominare solo il ritorno economico nel mondo del calcio, e nient’altro.

La disputa di Milan-Como in Australia dovrebbe accendere un campanello d’allarme per tutti i tifosi, soprattutto per chi aspetta il week end per recarsi allo stadio a tifare per la propria squadra. Perché quando certe porte si aprono, raramente poi si riesce a tornare indietro.

Fonti dal mondo arabo lasciano intendere che ci sia già interesse per acquistare i diritti televisivi della nuova competizione, mentre esempi come quello della Francia mostrano chiaramente il pericolo: lì i ricavi dei diritti tv della Ligue 1 sono ormai inferiori a quanto viene speso per la Champions. Un segnale d’allarme che nessuno sembra voler ascoltare.

Superchampions, un “baraccone elitario”?

Alla fine, resta una domanda che pesa più di tutte: davvero gli appassionati di calcio vogliono un baraccone simile, costruito per pochi e capace di svuotare di senso tutto il resto? O forse stanno solo assistendo, impotenti, al tramonto di quel calcio che un tempo apparteneva a tutti?

E ci saranno ancora tifosi e rivalità quando tutto sarà appiattito e le squadre si sposteranno da una città all’altra dell’Europa come i globetrotters, magnifici showman del basket che viaggiavano in tutto il mondo solo per giocare partite di esibizione?

Questa corsa al profitto a tutti i costi non solo sta snaturando il calcio e umiliando chiunque non faccia parte di una ristretta elite, ma rischia di trasformarlo in uno spettacolo vuoto e senza più legami con ciò che è sempre stato: lo sport di tutti, dove chiunque, se capace, poteva emergere. E che domani potrebbe essere un contenitore vuoto per una ristretta cerchia di privilegiati.

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