
Un Masters 1000 di Shanghai diventato una vera prova di sopravvivenza per Novak Djokovic. Il 24 volte campione Slam, visibilmente provato dalle condizioni climatiche e dai problemi fisici, ha superato anche Jaume Munar con il punteggio di 6-3, 5-7, 6-2, conquistando l’accesso ai quarti di finale. Ma la vittoria è arrivata a termine di grandi sofferenze.
Djokovic sta ancora male ma vince: vomita, quasi sviene e alla fine batte Munar #novakdjokovic #atpmasters1000shanghai #vomito #sportmediaset https://t.co/61tyQSFrg6
— SportMediaset (@sportmediaset) October 7, 2025
In campo, Nole ha dovuto fare i conti con una caviglia infortunata, dolori allo stomaco e persino episodi di vomito, come già accaduto due giorni prima contro Hanfmann. L’atmosfera a Shangai è rovente in tutti i sensi. Le condizioni di umidità estrema e caldo pesante stanno mettendo in ginocchio diversi giocatori, e neppure uno dei più preparati al mondo è riuscito a salvarsi. Ma nonostante questo, incredibilmente è riuscito a portare a casa il match.
Il momento più critico è arrivato nel secondo set, quando Djokovic ha tentato un recupero disperato su una palla corta di Munar, subendo una distorsione alla caviglia con l’intervento immediato del fisioterapista. Dopo un antidolorifico e qualche minuto di pausa, il serbo ha scelto di continuare, stringendo i denti. Ma nel finale del parziale, perso 7-5, si è accasciato a terra, stremato, col volto contratto dalla fatica.
Nel terzo set, tra gli applausi del pubblico e i mormorii di preoccupazione, Djokovic ha nuovamente dato di stomaco, prima di imporsi con l’orgoglio che da sempre lo contraddistingue. Alla fine del match, visibilmente esausto, ha rifiutato l’intervista in campo, un gesto insolito ma comprensibile.
Djokovic inossidabile, vince nonostante un malore in campo
Il caso Djokovic riaccende la discussione sulle condizioni di gioco estreme che stanno caratterizzando il torneo cinese. Dopo i ritiri di diversi tennisti e gli episodi di malessere generalizzato, cresce il malcontento tra i protagonisti del circuito. Le parole di Holger Rune (“Volete che un giocatore muoia in campo?”) risuonano come un campanello d’allarme che l’ATP non può più ignorare.
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