
Solo 55 giorni. Tanto è bastato all’Inter per passare da una notte euforica da film a una stagione senza trofei e con lo spogliatoio spaccato. I passaggi li ha ricordati Gregorio Spigno sulla Gazzetta dello Sport. Il 6 maggio 2025, San Siro esplodeva di gioia: la squadra di Inzaghi ribaltava il Barcellona di Flick, conquistava la seconda finale di Champions in tre anni e accendeva speranze mai così vicine. Ma da lì in poi, il crollo.
❗️ #Calhanoglu vuole lasciare l'Inter, questa è la realtà. Vuole il Galatasaray, ma il club turco non vuole pagare 30-35 milioni di euro. Hakan ha avuto un incontro con il presidente Marotta per abbassare il prezzo del suo trasferimento.
— cronacasportiva24 (@Cronacacs24) July 2, 2025
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È vero: la stagione è stata lunga, faticosa, logorante. Ma l’Inter partiva con la rosa più forte d’Italia, reduce da due stagioni ad alto livello in Europa, e aveva l’occasione concreta di chiudere l’anno con uno o due trofei importanti. Invece oggi si ritrova con zero titoli, uno spogliatoio spaccato e un futuro pieno di interrogativi.
Il 6 maggio, nella notte di San Siro contro il Barcellona, sembrava tutto ancora possibile: la rimonta ai danni della squadra di Flick, la seconda finale di Champions in tre anni, una nuova impresa da incidere nella storia. Il cammino europeo della squadra di Inzaghi, culminato in quella gara epica aveva restituito un’Inter carica, credibile. Ma quella serata, che doveva essere la svolta, si è rivelata solo una grande illusione.
La volata scudetto sembrava riaperta: l’11 maggio, l’Inter batte il Torino, il Napoli pareggia in casa contro il Genoa, e la distanza si assottiglia. Alla penultima giornata, il Napoli si inceppa ancora a Parma contro la squadra di Chivu, e la palla scudetto passa sui piedi nerazzurri. Basta vincere contro la Lazio, o anche solo gestire il 2-1 siglato al minuto 80. Ma al 90’, l’episodio che cambia tutto: mani di Bisseck, rigore per la Lazio, Pedro trasforma. Scudetto buttato.
E proprio con quella ferita aperta, l’Inter si presenta alla finale di Champions contro il Paris Saint-Germain. Ma non c’è partita. A Monaco, la peggior Inter dell’anno va sotto 5-0, travolta, irriconoscibile. Un tracollo che ancora oggi, in viale della Liberazione, nessuno riesce a spiegare. Perché la squadra quella partita non l’ha giocata. (continua dopo la foto)

Inzaghi appare stanco, svuotato. Poco dopo, saluta tutti e vola all’Al-Hilal. Da lì, una serie di errori e tentativi falliti. Marotta punta su Fabregas per la panchina, ma incassa un secco rifiuto. Alla fine arriva Cristian Chivu, richiamato in fretta per cercare di salvare il salvabile. Ma il gruppo è ormai spento, spaccato da tensioni interne e troppe delusioni. E il campo non perdona.
L’Inter si presenta al Mondiale per club con l’occasione di riscattarsi. Il sorteggio sembra favorevole: Fluminense agli ottavi, poi potenziali quarti con una tra Al-Hilal e Manchester City. Dall’altra parte, tutte le grandi europee: Psg, Real, Bayern, Dortmund. Eppure, nemmeno qui i nerazzurri riescono a rialzarsi.
Dopo una fatica enorme all’esordio con il Monterrey, una vittoria risicata contro gli Urawa Red Diamonds, e una prova incoraggiante con il River Plate, arriva il disastro con il Fluminense: 2-0 e fuori. Ma soprattutto, arrivano le frizioni pubbliche: Lautaro e Marotta attaccano Calhanoglu, assente e accusato di scarso attaccamento; il turco replica a muso duro. La frattura è totale.
Tutto questo in appena 55 giorni. Dalla magia con il Barcellona al collasso globale post-Fluminense. Cinque competizioni, zero trofei. Una rosa di talento, ora ridotta in frammenti. E una stagione che resterà negli annali non per quello che ha regalato, ma per quello che poteva essere e non è stato.
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