
La questione della partecipazione di atleti transgender alle competizioni femminili ha scatenato un dibattito acceso, soprattutto negli Stati Uniti. Non è equo, come in molti fanno notare, che persone nate con una struttura muscolare maschile gareggino contro donne biologiche.
“Ci scusiamo con coloro che hanno subito uno svantaggio competitivo a causa delle politiche in vigore all'epoca”
— Francesca Totolo (@fratotolo2) July 2, 2025
L’Università della Pennsylvania si è scusata per aver permesso al nuotatore trans Will “Lia” Thomas di partecipare alle competizioni femminili.
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Ora, uno dei casi simbolo di questa controversia, quello della nuotatrice Lia Thomas, è giunto a una svolta storica. Una decisione che ha portato a immediate conseguenze che non mancheranno di suscitare polemiche non solo sportive, ma anche politiche. Anche se l’unico criterio da utilizzare in casi come questo dovrebbe essere quello dell’equità sportiva e nient’altro.
L’Università della Pennsylvania ha ufficialmente annullato tutti i record stabiliti da Lia Thomas e ha comunicato che invierà scuse formali alle atlete che si sono trovate a gareggiare in condizioni svantaggiose. Una decisione arrivata a valle dell’indagine del Dipartimento dell’Istruzione, che ha concluso che la condotta del college ha violato i diritti civili delle altre nuotatrici, in particolare nelle gare dei 100, 200 e 400 metri stile libero. (continua dopo la foto)

Il caso Thomas aveva fatto scalpore nel 2022, quando divenne la prima atleta transgender a vincere un titolo NCAA, realizzando tempi inavvicinabili per le atlete donne e stabilendo primati fuori da ogni logica per il nuoto femminile. Una situazione che aveva sollevato critiche da ogni parte.
Ora, quegli stessi risultati vengono cancellati dagli archivi ufficiali, mentre le atlete penalizzate vedranno riconosciuti i propri meriti, con la restituzione dei titoli conquistati in acqua, ma poi sottratti sul podio. Restituzione delle medaglie e scuse ufficiali per ristabilire l’equità.
A pesare nella decisione anche il nuovo corso politico statunitense. Fin dall’inizio del suo secondo mandato, il presidente Donald Trump ha definito “indispensabile” l’esclusione delle atlete transgender dalle gare femminili. Una posizione dura ma coerente con la visione della nuova amministrazione, che ha fatto della difesa dello sport femminile uno dei suoi cavalli di battaglia.
Nel nuovo accordo con il Dipartimento, l’università si impegna a non permettere più la partecipazione di maschi biologici alle competizioni femminili e a definire gli atleti secondo criteri biologici, e non più identificativi o auto-percepiti. (continua dopo la foto)

Una svolta che segna un precedente legale e sportivo. E che potrebbe cambiare per sempre il modo in cui si regola la partecipazione alle competizioni, ponendo un confine netto tra diritti individuali e tutela dell’equità sportiva.
Sicuramente questa svolta attesa da tempo solleverà nuove polemiche, ma si tratta di una percezione sbagliata del problema. Come nel caso di Lia Thomas, non è questione di inclusione o di rispetto, che devono essere cardini di una società civile.
Invece, si tratta di rispetto per le donne e di evitare una competizione impossibile e squilibrata da fattori legati alla struttura biologica, che è profondamente diversa fra uomini e donne sia sul piano osseo, sia su quello della potenza muscolare.
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