
A Napoli si vince, sì. Ma si sbuffa. Si sbraita. Si mastica amaro. Ci si appresta ad alzare uno scudetto con l’aria di chi ha appena perso qualcosa, in un clima di frizione aperta fra il tecnico e la società che la scorsa estate ha puntato su di lui. Una situazione che può sembrare paradossale, ma che affonda le sue radici in differenze di vedute emerse a più riprese.
Conte, lo scudetto e il futuro: anche col Napoli dopo la vittoria ci sarà l'addio? Gioie, stress e sfoghi della stagione https://t.co/F6xzIhNmE3
— Corriere della Sera (@Corriere) May 20, 2025
Non è una novità, in fondo, se sulla panchina siede Antonio Conte, uomo di grandi ambizioni ma anche di difficile gestione, come dimostra il suo passato. E con una lingua tagliente, che non si trattiene quando ha qualcosa da dire. Gli è successo spesso, e il Napoli non ha fatto eccezione.
E allora, mentre la città si prepara a vivere la gioia del quarto tricolore della sua storia, ormai vicinissimo nonostante il pareggio di Parma, il suo comandante in campo manda segnali contrastanti. Di gioia per i risultati e amore per la città e i tifosi, ma anche di frustrazione nei confronti del club. Allora ci si chiede: cosa vuole fare davvero Conte? E cosa pensa De Laurentiis delle sue continue lamentele? (continua dopo la foto)

Era il 18 aprile, post-partita a Monza, quando Conte lanciò la prima bomba: “In questi otto mesi ho capito che qui tante cose non si possono fare“. Parole pesantissime e non equivocabili: una sorta di minaccia di andarsene, secondo molti. E in effetti qualcosa si era rotto.
Tutto, dicono, è cominciato dal mercato di gennaio: Kvaratskhelia ceduto al PSG, tra le lacrime dei tifosi e l’arrabbiatura di Conte, che avrebbe voluto un sostituto all’altezza. Invece, nulla: Adeyemi ha detto no, Garnacho non si è mosso, il PSV ha trattenuto Lang, e alla fine è arrivato Okafor, a trenta minuti dalla chiusura del mercato, quasi per riempire in qualche modo la casella rimasta vuota. Ma al tecnico, ovviamente, non poteva bastare.
Nel frattempo, la difesa perdeva Buongiorno, infortunato, e il tentativo fatto per ingaggiare Danilo sfumava nel nulla. Il risultato? Un gennaio pieno di tensioni, con Conte che si sgolava e De Laurentiis che taceva. Al Napoli, in quei mesi, le assenze si moltiplicavano. Muscoli fragili ed equilibri sempre più fragili.
Conte lo ha detto chiaro, ancora il 18 aprile, con la solita lingua tagliente come un rasoio: “Non so se è colpa dei campi di Castel Volturno, che dovevano essere rifatti e invece sono sempre gli stessi“. E ancora: “Io mi faccio da garante, ma non sono stupido. Capisco se non ci sono i mezzi necessari per fare le cose“.
Il 17 maggio, a Castel Volturno, altra dichiarazione, altro carico da novanta: “Sento una responsabilità enorme, anche troppo“. E poi, la confessione finale, quasi un’implosione: “Sono molto stanco, ho dato tutto“. Come a dire: “Ora tocca a voi”. (continua dopo la foto)

E così, mentre si avvicina venerdì 23 maggio, la data che potrebbe consegnare un nuovo scudetto al Napoli, il futuro resta sospeso. Conte potrebbe restare – per portare avanti un ciclo vincente – oppure salutare, lasciando dietro di sé un club felice per la vittoria ma costretto a rivedere le sue strategie e a scegliere un altro allenatore.
Una cosa è certa: gli scudetti sono galantuomini, come ha sempre detto lo stesso Conte. Rimettono a posto le cose. Chiudono le ferite. E a volte aiutano anche a dimenticare. A Napoli, però, hanno la memoria lunga. E ora starà a Conte e a De Laurentiis incontrarsi, discutere e poi decidere che cosa fare del futuro. Con chiarezza e senza drammi.
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