Per i passanti distratti e gli studenti trafelati, l’ex circolo di via Como, a Roma, rappresenta un patrimonio sportivo invisibile. Pur passandoci accanto prima di entrare all’Università La Sapienza o andando a lavoro, molti ignorano cosa ha significato per il tennis romano del secondo dopoguerra. Per Silvana Lazzarino, la più volte campionessa d’Italia oggi 86enne, è stato l’inizio di tutto.
Il quadrilatero del quartiere Italia che un tempo ospitava nove campi da tennis e una pista di pattinaggio è raso al suolo e cementificato da almeno 15 anni. Ma prima ha visto giocare campioni come la stessa Lazzarino, Lea Pericoli, Nicola Pietrangeli e Orlando Sirola; celebre compagno di doppio dell’ex capitano della coppa Davis. Lo frequentavano inoltre Gina Lollobrigida, Pippo Baudo, la moglie dell’ex Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, Carla Bissatini, e il paroliere Dino Verde, autore di Ciao ciao bambina con Domenico Modugno. E se questa è una storia di grande tennis e di un gruppo di cittadini testardi che da tempo si danno da fare per ricostruirlo dopo le dispute con il Comune e l’abbandono, allora il match finale è ancora da giocare.
La storia del circolo di via Como
A via Como la partner storica di doppio con Lea Pericoli, ci arriva per la prima volta a 14 anni. È il 1947 e a Roma sono già nati circoli sportivi maggiori come il tennis club Parioli e la Società Ginnastica Roma, che aveva da qualche anno rifondato la sede in una ex discarica. I luoghi dello sport cittadino non riflettono il benessere economico e sociale come avviene invece oggi.
Molti sono poco più che costruzioni improvvisate e quei pochi comfort che offre la struttura dietro viale Ippocrate appaiono come vere e proprie sorprese. “Venivo dal circolo Ginnastica Roma – racconta Lazzarino a Sport.it durante la presentazione di La mia vita con la racchetta di Gustavo Verde – dove mio padre faceva il custode. A quei tempi ci si allenava in delle specie di baracche. A via Como trovai tre campi da tennis e un via vai di gente famosa. Potevo farmi persino la doccia e i pini del circolo erano così alti che ci isolavano dal rumore delle macchine. Papà si mise a curare i campi da tennis anche lì. Lo chiamavano gessetto perché le righe a quei tempi non erano in plastica bianca ma si disegnavano a mano. Lui si svegliava ogni mattina per realizzarle con cura”.
Nel frattempo inizia l’ascesa della campionessa italiana soprannominata “Minnie”. Se entra nel tennis per semplice vicinanza col lavoro del padre – anche un altro grande come Adriano Panatta comincerà a giocare perché figlio del tuttofare del club Parioli, Ascenzio Panatta – ci rimane per indiscusso talento. Ovunque nel mondo le riconoscono la velocità di spostamenti e la struttura fisica minuta e agile.
Sono mesi in cui anche il tennis maschile italiano cresce e si fa vedere; i nomi sono quelli di Nicola Pietrangeli, Orlando Sirola, Beppe Merlo e Fausto Gardini. “Dopo il Parioli – prosegue Lazzarino – andavo e giocavo con Nicola e Lea Pericoli, quando veniva a Roma. Ma lì si allenavano tutti i grandi campioni. Finito di gareggiare andavamo a cena “Dal Toscano” con Dino Verde e il suo compagno di doppio, Pippo Baudo”.
“Non era il mio circolo di riferimento – precisa Pietrangeli – ma ci andavo per giocare con Silvana e per stare insieme agli altri tennisti. Facevamo degli scherzi a un ispettore del ministero delle Finanze che stava lì per controllare, visto che la struttura era di proprietà del ministero. Imbrogliavamo con le carte e lui perdeva sempre”.
Negli anni di piombo un’oasi dello sport
Negli anni ’70 Lazzarino dice addio all’attività agonistica ma rimane per dare vita e gestire la sua scuola tennis. Nel 1977 il circolo è ancora un punto di riferimento per la città. “Vivevo nel quartiere – ci racconta Andrea Metelli, scrittore e autore de Il circolo nonché promotore del Comitato centro sportivo via Como – ero piccolo e il tennis era uno sport elitario. Quindi palleggiavo contro il muro facendo rimbalzare la pallina avanti e indietro. Un giorno la Lazzarino passa con la macchina e mi vede in mezzo alla strada. Si ferma, mi fa i complimenti e mi invita a via Como. Non sapevo nemmeno chi fosse questa donna e non immaginavo potesse essere una tale campionessa”.
Direzionare una dunlop al riparo dagli alberi rappresenta per i frequentatori e gli abitanti una pausa importante dal clima sociale teso degli anni di piombo. “Era una zona piena di contrasti – prosegue Metelli. Il quartiere Italia stava tra piazza Bologna, covo delle organizzazioni di destra, e il quartiere universitario presidiato dal movimento studentesco di sinistra. A via Pavia, poco distante dal circolo, c’era la sede del Fuan, (il Fronte universitario d’azione nazionale vicino al Movimento Sociale italiano) che fu oggetto nel 1978 di un attacco improvviso con le molotov. Non erano affatto tempi facili ma quando passavi di fronte al circolo ti rendevi conto che quella era davvero un’oasi; una zona franca dove si sentiva solo il tic toc delle palline”.
Lazzarino tiene talmente tanto alla scuola tennis che racconta di aver inseguito personalmente Giulio Andreotti pur di evitarne la chiusura. “Riuscimmo a rimanere lì per qualche anno perché lui ci aiutò. Poi quando mi dovetti spostare a Roma nord, al circolo delle Molette, con mio marito organizzammo dei pullman che partivano da via Como per portare gli alunni nella nuova sede; così da non lasciarli soli”.
Una nuova ‘via Como’?
La conferenza dei servizi ha finalmente approvato il progetto per il nuovo circolo dopo la risoluzione di un contenzioso tra Comune e società concessionaria. Dal 2004 non era più attivo e dal 2006 i cittadini aspettavano che venisse rispettato l’accordo per la costruzione di un polo sportivo in cambio della realizzazione dei parcheggi sotterranei nell’area. Così come prevedeva il patto sul Pup (piano urbano parcheggi ndr). I box sono stati realizzati da anni, i nuovi campi no.
La sindaca Virginia Raggi ha rassicurato i residenti che il progetto con campi da tennis vedrà la luce nel 2021. Intanto ci pensa la memoria collettiva a ricordare quello che la politica ha dimenticato. “È stato un bel tennis quello di via Como – conclude Lazzarino – quello di una vera famiglia, una famiglia normale. È una vergogna che oggi sia ridotto così ed era davvero ora che lo riaprissero”.