
Dalla mezzanotte del 9 febbraio alle 23.59 del 4 maggio, il tempo si è fermato. Per 2.038 ore esatte, Jannik Sinner è rimasto lontano dal tennis, sospeso in un limbo. Una pausa forzata, figlia della squalifica patteggiata con la Wada. Niente racchetta, niente adrenalina, niente pubblico. Nemmeno la consolazione di assistere dal vivo ad altri eventi sportivi. Solo silenzio, allenamenti controllati e attesa.
Seconda giornata al Foro. Tutto l'amore dei tifosi italiani. E lui che sorride e continua a godersela.
— V_🇮🇹 (@tennisfoxy) May 7, 2025
Però è chiaro che se vivesse in Italia non farebbe vita, siamo un popolo passionale e tremendamente innamorato di questo ragazzo!#Sinner
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Ma ora il ragazzo di San Candido torna. E torna da numero uno del mondo, come se il tempo si fosse fermato ad aspettarlo. Ad accoglierlo, una moltitudine. I “sinneriani” hanno contato le ore, hanno sognato questo giorno per mesi. E ora questo giorno sa di liberazione, e porta con sé una domanda inevitabile: anche un “ragazzo di ghiaccio” (solo in campo, s’intende) riuscirà a reggere tutto questo amore e tutta questa pressione?
Qualcuno teme che l’emozione possa giocargli un brutto scherzo nel primo match. Ma intanto è stato bello rivederlo sereno in conferenza stampa. Da gennaio, Sinner ha giocato un solo torneo. Ma che torneo: l’Australian Open, vinto per il secondo anno consecutivo, dominando come solo i grandi sanno fare. Poi, solo silenzio e attesa.

Mentre i rivali si affannavano in giro per il mondo – Alcaraz, Zverev, Fritz, e il solito, eterno Djokovic – lui stava in famiglia, per scaricare le tossine di un periodo terribile. E ora eccolo al Foro Italico. A Roma, primo nel ranking con 9.730 punti, primo nel cuore degli appassionati. Avrebbe diritto a scegliersi orari, condizioni e campo. Ma non lo fa.
Le sessioni serali? Gli danno fastidio: l’umidità stanca gli occhi. Ma c’è qualcosa che a Jannik proprio non va: approfittarsi della sua posizione, chiedere privilegi o trattamenti di favore. Non lo ha mai fatto, non intende cominciare adesso. Sinner non vuole scorciatoie, nemmeno ora che il mondo gli tributa un’ammirazione da rockstar.
Sinner ormai è come i Beatles, ovunque vada, solleva ondate di entusiasmo. È una rivoluzione gentile, la sua. Un’onda di forza silenziosa, semplicità e quella buona educazione che fa sembrare normale anche l’eccezionalità.
Paolo Lorenzi, direttore degli Internazionali e occasionale compagno di doppio nel 2019, ha in mano le chiave di questo ritorno. Roma, nel tennis, aspetta un nuovo Messia italiano dal 1976, l’anno magico di Adriano Panatta. L’anno della Davis, di Apple e del Concorde.

Quel vuoto non è mai stato colmato. Almeno fino, forse a oggi, e Sinner lo sa. L’Italia sogna di riascoltare l’Inno di Mameli che echeggia tra i pini del Foro Italico. Lui l’ha già cantato, due volte, in Davis. Ma questa sarebbe un’altra storia. Sarebbe “la” storia per questo torneo.
Eppure Jannik, con la solita calma, ha detto di non aspettarsi nulla di speciale, di dover capire come risponderanno il suo corpo e la sua testa dopo lo stop. Ma lo conosciamo. Ci proverà, fino all’ultimo quindici. E Roma sarà con lui. Senza chiedergli miracoli. Perché uno, forse, lo ha già fatto.
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