Dichiarazioni durissime e un tono inusuale nel mondo del calcio. Dopo l’ennesima sconfitta della Sampdoria, fanalino di coda in Serie B, l’allenatore Salvatore Foti si è presentato in conferenza stampa con parole nette, senza filtri, rivolte a se stesso, alla squadra e all’ambiente. Un discorso crudo, carico di autocritica ma anche di sfida, con l’obiettivo di scuotere un gruppo apparso smarrito.
“Io sono scarso, ma voglio altro dai miei giocatori”
Foti non ha cercato alibi: «Un’altra sconfitta… siamo ultimi. Io sono scarso. Come tutti gli allenatori che mi hanno preceduto», ha esordito, sottolineando la gravità del momento. L’allenatore blucerchiato ha ammesso la propria responsabilità, ma ha anche mandato un messaggio diretto ai calciatori: «La responsabilità è mia, la colpa è mia. Ma chi non riesce a fare determinate cose non può giocare nella Sampdoria. Non si può subire il primo gol in quel modo: non è tattica, non è tecnica, è mancanza di attenzione».
Poi il riferimento ai numerosi problemi fisici e alla difficoltà di costruire una squadra competitiva in queste condizioni: «Ho preparato quattro partite in 16 giorni con sei titolari infortunati. Non sono alibi, ma fatti. È difficile vedere la Sampdoria lì, in fondo alla classifica, soprattutto per chi la ama».
“Chi ha paura non può stare qui”
Il tecnico ha insistito molto sull’aspetto mentale, uno dei punti dolenti del gruppo: «Il sentimento che non accetto è la paura. Io non la conosco. Chi ha paura non può giocare nella Sampdoria. Il clima è pesante, ma è normale: siamo la Sampdoria. Anche se oggi della Sampdoria abbiamo solo la maglia e i tifosi».
Parole che suonano come un’accusa ma anche come una dichiarazione d’amore verso il club: «L’allenatore non è da Sampdoria, i calciatori non lo sono. Ma io me la prendo tutta la responsabilità. Sono il sesto allenatore in un anno e quattro mesi, ma lo dico ai miei giocatori: io ce la faccio».
I singoli e le scelte contestate: “Non vengo dalla luna”
Foti ha risposto anche alle critiche sulle sue decisioni tecniche, partendo da Barak: «Perché lo faccio giocare? Perché deve lavorare, ma ha fatto una finale europea poco tempo fa. E il sottoscritto, a cui hanno dato 4 dopo il Mantova, ha fatto due finali europee con Mourinho. Non vengo dalla luna, so riconoscere i calciatori e ciò che devono fare».
L’allenatore ha poi difeso le sue scelte anche sul piano tattico e fisico: «Tra Empoli, il secondo tempo con il Frosinone e il primo con il Mantova avremmo meritato di più. Ma abbiamo problemi di tenuta e di concretezza. Dopo 60-65 minuti la squadra va giù. Lo so, ma io la partita la volevo vincere».
Infine, il riferimento all’emergenza infortuni: «Pafundi, Ricci, Abildgaard, Pedrola… ogni giorno c’è una sorpresa diversa. Oggi Pafundi poteva essere una carta da giocare, ma non so se lo recupero. Ricci tre giorni fa era titolare, poi si è fermato».
Un appello disperato ma sincero
Foti chiude con amarezza e determinazione: «La colpa è mia: quattro partite, due punti. Ma dopo Empoli ero rammaricato: quando devi vincere, devi vincere. Parlare dopo è facile. Io non cerco scuse, voglio solo che questa squadra reagisca».
Un discorso diretto, quasi brutale, che segna un punto di svolta nel difficile momento blucerchiato: Foti mette la faccia e pretende orgoglio, in una Sampdoria che sembra aver smarrito sé stessa ma non la voce del suo allenatore.
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