
Diciotto anni dopo il delitto di Chiara Poggi, gli inquirenti si ritrovano tra le mani un nuovo frammento di DNA maschile, ribattezzato “Ignoto 3”. Una traccia che non conduce necessariamente all’assassino, ma che apre un’altra pista: quella della contaminazione in sala autoptica. La presenza genetica su una garza usata per il tampone orale potrebbe essere il risultato di un contatto avvenuto post mortem, durante l’autopsia. Ma se così fosse, risalire all’identità dell’uomo diventa quasi impossibile.

“Ignoto 3” sul tampone orale: un DNA maschile trovato su una garza non sterile
Il profilo genetico di “Ignoto 3” è stato isolato sul tampone orale prelevato dalla bocca della vittima, Chiara Poggi, durante l’autopsia. Ma a differenza del celebre “Ignoto 1” del caso Gambirasio, in questo caso non si tratterebbe del DNA del killer, bensì di una contaminazione. Secondo quanto riferito da Fanpage.it, la garza non sarebbe stata sterile al momento dell’utilizzo, e sarebbe bastato un contatto a mani nude per lasciare tracce biologiche.
Un dettaglio inquietante ma fondamentale, che spiega perché oggi le indagini si concentrino anche sulle persone presenti nella sala autoptica, e non solo sulla cerchia di amici e conoscenti della vittima.

Una traccia difficile da decifrare: potrebbe essere di un altro cadavere
C’è di più. Le stesse fonti investigative sottolineano che il DNA rilevato potrebbe provenire da un cadavere esaminato in precedenza, rendendo ancora più complesso – se non impossibile – attribuirgli un’identità. È proprio questa la principale differenza con il caso Yara Gambirasio, dove il DNA ritrovato su una parte intima del corpo condusse, grazie a un’analisi genetica su larga scala, a Massimo Bossetti.
In questo caso, invece, l’approccio è selettivo: i tamponi vengono raccolti solo da soggetti mirati, come amici e compagni di scuola di Andrea Sempio, conoscenti di Marco Poggi e chiunque sia entrato in contatto con la sala autoptica nel 2007.
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