L’Inter si ritrova a leccarsi le ferite dopo l’ennesima sconfitta, con due problemi che risaltano: la situazione di Lautaro e una difesa a zona che concede troppo agli avversari sui calci piazzati. Un’altra dimostrazione di queste carenze è arrivata a Madrid, con il colpo di testa di Gimenez che ha tagliato le gambe ai nerazzurri. La scelta di Chivu di difendere in questo modo produce più danni del previsto.
#Inter, la difesa a zona sui calci piazzati non funziona: presi già 4 gol. In 21 partite della sua gestione, compreso il Mondiale, #Chivu ha subito diversi gol da corner. L'ultimo da Gimenez a Madrid. Mentre la stagione scorsa sono stati 7 in 59 partite pic.twitter.com/w4mIljpZvM
— I fatti nostri (@Infofatti) November 28, 2025
Quest’anno l’Inter ha già incassato quattro gol da corner nelle 21 partite della gestione Chivu, considerando anche il Mondiale per Club. Lo scorso anno con Inzaghi erano stati sette in 59 gare. Il cambio dunque ha peggiorato le cose: non più marcatura a uomo, ma protezione a zona, una differenza che la difesa nerazzurra non sembra avere digerito bene.
Sull’angolo del 2-1 dell’Atletico, Griezmann alza la palla, dieci nerazzurri sono dentro l’area, ben più degli uomini di Simeone, Gimenez parte da lontano, si inserisce tra Akanji e Bastoni e colpisce indisturbato. Ovviamente, chi è in corsa ha molta più spinta e salto di chi è fermo: e questa scena si ripete spesso nell’area dell’Inter. (continua dopo la foto)

Un anno fa l’Inter marcava a uomo. Nelle gare contro Barcellona e Bayern, per fare i due esempi più eclatanti, aveva funzionato: ognuno seguiva il proprio uomo, due in uscita per prevenire la battuta corta e una densità che rendeva difficile trovare un varco agli avversari. Oggi quella solidità non c’è più, e i numeri testimoniano che il problema è serio.
Chivu lo sa e non cerca alibi: la zona può funzionare, ma richiede tempo. Ed è inevitabile chiedersi perché abbandonare un sistema collaudato e che i giocatori conoscono bene per adottarne uno che sta costando carissimo ai nerazzurri. Una domanda per ora senza risposta, ma il Mister nerazzurro è chiamato a riflettere.
Accanto alla questione dei piazzati, tiene banco un altro tema: il rendimento deludente e le sostituzioni di Lautaro Martinez. Il capitano è in un periodo di calo evidente, non segna ed è stato tolto dal campo per due volte consecutive, nel derby e a Madrid. Il gesto rabbioso del capitano dopo la sostituzione in Spagna è stato evidente, e anche Julio Cesar, a bordocampo, ha notato che “forse ce l’aveva con il tecnico“. Una situazione che Chivu ha provveduto subito a sdrammatizzare.
L’anno scorso Inzaghi non aveva alternative e Lautaro era costretto a giocare sempre. Ora Chivu ha un reparto completo, grazie all’ingresso di Bonny e di Pio Esposito che stanno facendo molto bene, e può decidere di togliere anche il capitano. La centralità dell’argentino, comunque, non è in discussione: società e allenatore lo hanno subito ribadito per mettere a tacere le polemiche: lo stimano e lo considerano un punto fermo.
Il malumore di Lautaro è stato quindi contenuto: lo sfogo è stato eclatante, ma non ha portato a una frattura. È probabile che allenatore e capitano abbiano già chiarito i propri punti di vista e quello che filtra è volontà di andare avanti uniti, convinti e in armonia. (continua dopo la foto)

Anche Calhanoglu è stato sostituito due volte di fila, non per punizione ma per un problema, ancora una volta, legato alla programmazione sbagliata da parte della società: il turco non ha un “vice” ed è costretto a giocare sempre, e inevitabilmente può avere qualche calo di rendimento. Altro grave errore di valutazione da parte di Marotta e di Ausilio.
La vera urgenza, comunque, è riportare Lautaro ai livelli che gli competono. Il capitano ha segnato tre gol nelle ultime nove partite e uno solo nelle ultime sei di campionato. Numeri insufficienti per quello che deve essere e resta il principale terminale offensivo della squadra.
La frustrazione è comprensibile: la parata di Maignan nel derby, palo compreso, pesa nella sua testa più di quanto sembri. Ma a Madrid, alla vigilia della gara con l’amico Julian Alvarez, aveva già chiarito: “Io gioco per la mia squadra. Il resto non mi interessa”. Parole encomiabili, da capitano. Ma ora servono i fatti.
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