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Giulia Cecchettin, le parole choc di Turetta: come l’ha uccisa

Giulia Cecchettin è stata uccisa l’11 novembre 2023 da Filippo Turetta, ex fidanzato che non accettava la fine della loro relazione. Entrambi di 22 anni avevano idee diverse sul futuro: lei in procinto di laurearsi voleva andarsene e iniziare una nuova vita, lui voleva solo lei.

Nel carcere di Verona, durante l’interrogatorio davanti al pubblico ministero di Venezia Andrea Petroni, Turetta ricostruisce le ore precedenti il femminicidio di Giulia Cecchettin: dal giro e la cena nel centro commerciale al parcheggio a pochi metri da casa di Giulia, fino ad arrivare alla zona industriale, dove si è consumato il delitto.

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Giulia Cecchettin, le parole choc di Turetta

Tutto ha inizia quel sabato 11 novembre, quando Giulia “mi aveva chiesto se la accompagnavo a fare un giro alla ‘Nave de vero’ per fare shopping”, un centro commerciale nel Veneziano. “Abbiamo girato per negozi, abbiamo pensato di cenare lì. Verso le 11 (di sera, ndr) siamo tornati verso casa di Giulia ma ci siamo fermati in un parcheggio, a Vigonovo, per non farci vedere”. È il parcheggio a 150 metri dall’abitazione della famiglia Cecchettin, dove si scatena la prima aggressione.

Volevo darle un regalo– prosegue Turetta- una scimmietta mostriciattolo. Con me avevo uno zainetto che conteneva altri regali. Un’altra scimmietta di peluche, una lampada piccolina, un libretto d’illustrazioni per bambini intitolato “I mostri si lavano i denti”. Il nome del libro è in realtà: “Anche i mostri si lavano i denti” e verrà trovato vicino al cadavere di Giulia. Quel libro, dice il giovane, “lei si è rifiutata di prenderlo, abbiamo iniziato a discutere, mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, si stava creando nuove relazioni, si stava sentendo con un altro ragazzo, Eric“. A quel punto Filippo non ci ha visto più. (continua dopo la foto)

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La prima aggressione

Filippo Turetta nella ricostruzione ricorda di avere iniziato a urlare contro l’ex ragazza nel momento in cui si è sentito rifiutato. “Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei, che mi sarei suicidato. Lei ha risposto decisa che non sarebbe tornata con me. È scesa dalla macchina, gridando “Sei matto, vaffanculo, lasciami in pace””

Ero molto arrabbiato. Prima di uscire anch’io, ho preso un coltello dalla tasca posteriore del sedile del guidatore. L’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra. Lei urlava “aiuto” ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio, mi pare di ricordare che il coltello si sia rotto subito dopo. Allora l’ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva. Ha sbattuto la testa. L’ho caricata sul sedile posteriore“,racconta il 22enne.

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