Alla fine Stefano Pioli ha pagato per tutti, e cominciano a emergere retroscena inquietanti. La sensazione è che la Fiorentina si fosse spaccata da tempo. L’esonero era nell’aria, eppure la freddezza assoluta con cui lo spogliatoio ha accolto la notizia dice molto più dei comunicati ufficiali.
Ag. Pasqual: "Spogliatoio spaccato? Magari fosse solo questo" http://t.co/gIXuAUhG pic.twitter.com/C7ooSGCk
— Corriere Fiorentina (@cor_fiorentina) March 20, 2012
Più che sollievo, traspare un clima di tensione profonda, di rapporti incrinati e incomprensioni stratificate. Il gesto di Marin Pongracic, che ha messo un like al post sulla cacciata del tecnico, è diventato il simbolo di un malessere che covava da settimane. Ed è un gesto fortissimo: quante volte è capitata una cosa simile?
Non si parla più solo di risultati: il problema sembra più radicato, una fronda vera e propria che da tempo contestava metodi, scelte e perfino i rapporti umani dell’allenatore con il gruppo. I numeri in campionato – 4 pareggi e 6 sconfitte in 10 giornate – raccontano una crisi evidente, ma è nel modo in cui la squadra si è disunita che si misura il fallimento di questa seconda avventura fiorentina di Pioli.
Le prime crepe erano emerse settimane fa, quando Edin Dzeko aveva lasciato intendere il proprio disagio davanti alle telecamere: “Perché gli attaccanti non segnano? Lasciamo stare, potrei dire tante cose”. Una frase che è diventata il segnale di una frattura aperta, che neanche la successiva replica di Pioli ha sanato.
Il tecnico aveva risposto con tono gelido: “Lui è un giocatore forte, sa dov’è il mio ufficio. Io devo fare delle scelte, lui deve farsi trovare pronto”. Scambio che fotografa bene un rapporto mai decollato, e una squadra divisa tra chi difendeva il mister e chi, più o meno apertamente, sperava in un cambio. (continua dopo la foto)

In queste ore, il Viola Park è più simile a un campo minato che a un centro sportivo. Lo spogliatoio è silenzioso, i sorrisi forzati, e il nuovo tecnico ad interim Daniele Galloppa dovrà prima di tutto cercare di ricomporre un gruppo che sembra aver smarrito fiducia e coesione reciproca.
In campo europeo, in Conference League, i risultati positivi avevano illuso per un momento che qualcosa stesse cambiando, ma anche lì si è capito quanto la squadra fosse fragile: le parole di De Gea, con quel “diciamo che il livello delle squadre in coppa…”, suonano come un’ammissione involontaria. Le vittorie in Conference non hanno portato niente all’ambiente.
Ora la Fiorentina è ultima in classifica, e in attesa di un nuovo allenatore – con Roberto D’Aversa che non è più in cima alla lista, soppiantato da Nesta e da Vanoli – la società deve affrontare prima di tutto un problema di identità interna. Perché più ancora dei punti, a Firenze oggi mancano fiducia, coesione e voglia di remare nella stessa direzione.
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