
Nel calcio, certe storie non sono solo di vittorie o sconfitte sul campo, ma di lotte molto più grandi, spesso invisibili ai tifosi. Dietro il volto sorridente di un difensore dallo stile grintoso e dal carattere forte, si cela un percorso segnato da una battaglia personale che ha cambiato per sempre la sua vita e la sua carriera. Un talento cristallino, ammirato nei campi di Serie A, che ha dovuto fare i conti con un nemico più temibile di qualsiasi avversario in campo.

Carriera e ascesa del difensore in Serie A
Nei primi anni con la maglia giallorossa, questo ex professionista si era imposto come una colonna portante della difesa, un pilastro imprescindibile per il suo allenatore di allora, Rudi Garcia. La sua presenza era sinonimo di sicurezza e affidabilità, qualità che gli avevano conquistato il cuore dei tifosi. Ma la svolta negativa arrivò presto, quasi senza preavviso: da quel momento, il suo nome iniziò a sparire dalle formazioni titolari, segnando un punto di non ritorno. Quella stagione del 2014 si sarebbe rivelata fatale.

L’impatto del dramma personale
Settembre 2014, Empoli-Roma: il calciatore lascia il campo a metà partita, un fatto apparentemente banale, ma carico di un significato devastante. Durante il riscaldamento, un fastidio al flessore che prelude a qualcosa di molto più serio. «In quei 15 minuti è finita la mia carriera. È morta una parte di me», ricorda in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Tornato a casa, i sintomi peggiorano: giramenti di testa, debolezza estrema, e la paura crescente di non farcela. La diagnosi arriva come un fulmine a ciel sereno: un cavernoma cerebrale, una massa pericolosa nel cervello che avrebbe messo fine al suo sogno sportivo.
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