Simone Fontecchio è l’ultimo erede della tradizione dei giocatori italiani in NBA. Una storia che comincia negli anni ’90 – quando Stefano Rusconi firma un contratto con i Phoenix Suns e diventa il primo azzurro a giocare sui parquet della lega di pallacanestro più famosa al mondo – e trova il suo apice nelle figure di Danilo Gallinari e Marco Belinelli. Il primo è, ancora oggi, il miglior italiano ad aver mai giocato a basket, nonché l’unico ad essere stato effettivamente un’opzione offensiva primaria nelle squadre in cui ha giocato; il secondo si è ritagliato un minutaggio stabile come eccellente role player, finendo anche per vincere il titolo NBA.
In mezzo ci sono storie più o meno riuscite, come Nico Mannion, Andrea Bargnani, Niccolò Melli e Luigi Datome. Un ventaglio di carriere molto ampio, in cui si è inserito recentemente anche Simone Fontecchio. Classe 1997, Simone è già il perno della nostra nazionale: nel 2022 ha deciso di tentare il grande salto e crescere davvero come giocatore approdando in NBA. Come spesso accade, al netto del grande talento, per l’italiano è stato difficile trovare spazio e credibilità nelle due esperienze a Utah e Detroit. Ma proprio quando le nubi sembravano addensarsi sul futuro, è arrivata la chiamata dei Miami Heat.
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Come sta giocando Simone Fontecchio a Miami
Cominciamo dalle statistiche: Simone Fontecchio sta segnando 11.3 punti di media (contro i 7.8 maturati fino ad ora in carriera), tirando con il 50% da due (+ 7.5% rispetto ai dati in carriera) e il 49.3% da 3 (+12%). Il tutto, con una effective field goal percentage del 67.2% – mai così alta da quando è oltreoceano – e un player efficiency rating di 15.4 (oltre 5 punti in più rispetto alla media). Cosa ci dice tutto questo? In sostanza, Simone Fontecchio sta tirando quasi tutto quello che gli passa per le mani, segnando una buona parte dei tiri. Non richiede troppi tiri ai compagni e ne converte la maggior parte: è tutto ciò che un allenatore può richiedere ad un role player.
Ma c’è molto di più: Simone Fontecchio è così efficiente perché l’ambiente intorno a lui lo stima, lo incoraggia e lo protegge. Dopo un brutto anno a Detroit e un’esperienza agrodolce all’Europeo, non era scontato che Simone riuscisse a ritrovarsi così rapidamente. È stato bravo, prima ancora di entrare in campo, a ritrovare stima e determinazione necessarie per raccogliere ogni più piccola opportunità che Erik Spoelstra gli avrebbe dato.
Un commitment del genere non è passato inosservato, sopratutto in una squadra che fa del grind uno dei suoi caposaldi, incarnato al meglio da un profilo come Jimmy Butler. Gli Heat sono una squadra con il giusto grado di talento, ma che lotta su ogni pallone e cerca di rendere ogni possesso una guerra.
La fiducia di Erik Spoelstra
L’altro volto cardine di questa storia è Erik Spoelstra, l’eterno allenatore dei Miami Heat e architetto della storia recente della franchigia. Coach Spo, che nel periodo come vice del Team USA si è occupato dello scouting dell’Italia, ha dichiarato di essere rimasto molto colpito da Simone Fontecchio e di averlo voluto alla prima occasione utile a Miami, incontrandolo poi nell’estate 2025 per rasserenarlo riguardo il suo impiego nell’annata a venire.
Quella che sembrava una dichiarazione di circostanza si è rivelata una promessa più che mantenuta: nelle prime partite della stagione, infatti, spesso si sono visti schemi disegnati in modo da rendere possibile il tiro per Fontecchio. Questo elemento è molto importante, perché ci fa capire se il coaching staff non considera Fontecchio come un semplice terminale dal perimetro che deve stare fermo ad aspettare la palla, ma come una valida alternativa nei giochi offensivi e un’arma da valorizzare per muovere le difese avversarie. Spoelstra ha una lunga esperienza in NBA, è uno degli allenatori migliori della storia, e la sua capacità di tirare fuori il meglio dagli esterni è ben nota: Fontecchio non ha solo un ottimo tiro, ma è anche capace di leggere il campo con tagli e spaziature; Spoelstra questo lo sa, perciò sta puntando molto su di lui.
Un italiano nella Heat Culture
Come già anticipato, Miami ha un’identità ben precisa che, da quando LeBron James se n’è andato, risponde a quella di un underdog sempre pericolosa e capace di mettere in difficoltà chiunque. Profili come quello di Fontecchio, che sanno trasformare ogni pallone in un’opportunità e che, in sostanza, arrivano dal nulla, sono quindi dei valori aggiunti non da poco. Simone si è integrato perfettamente in questo sistema e nello spogliatoio, un approdo positivo che è cristallizzato dalla richiesta di coach Spoelstra di guidare l’urlo della squadra dopo la vittoria contro New York nella seconda settimana. Insomma, in mezzo a tante storie italiane con fortune alterne, quella di Simone Fontecchio sembra quantomeno essere nella giusta traiettoria.