
Ciclismo sotto choc. Tra le curve dell’altura andina e le pendenze assassine delle grandi corse a tappe, ha fatto sognare un’intera nazione. È stato l’apripista, il simbolo, il primo a portare il Sud America sul tetto del ciclismo mondiale. E oggi, invece, si trova invischiato in un’accusa pesantissima, tanto brutale quanto inaspettata.
Colombia, Lucho Herrera accusato di aver fatto uccidere 4 vicini di casa per impossessarsi delle loro terre.🤬🤦🏻https://t.co/mMDeHSyqS5 via @Bicisport
— Piergiulio (@Piergiulio58) April 21, 2025
Stiamo parlando di Lucho Herrera, una delle icone del ciclismo colombiano e mondiale tra gli anni Ottanta e i primi Novanta, quando scalava le montagne con una leggerezza che sembrava una sfida alle leggi della fisica. Oggi il suo nome non è più legato alle imprese sportive, ma ai faldoni della Quarta Corte Penale del Circuito di Fusagasugá.
La notizia è stata riportata dal quotidiano El Cronista e affonda nella cronaca nera più cruda. L’ex corridore, oggi sessantenne, sarebbe stato accusato da alcuni ex paramilitari colombiani di aver ordinato, all’inizio degli anni 2000, il sequestro e l’omicidio di quattro suoi vicini di casa. Non un regolamento di conti mafioso, ma un’azione fredda e premeditata ideata, secondo le accuse, per impadronirsi dei terreni adiacenti alla sua proprietà.
Luis Fernando Gómez Flórez, uno dei paramilitari coinvolti, ha raccontato in aula che all’epoca ricevette dal ciclista due buste: una con le foto delle presunte vittime, l’altra con 40 milioni di pesos. L’ordine, chiaro: “Mi ha fatto credere che fossero guerriglieri che volevano rapirlo”. Ma secondo la ricostruzione successiva, le persone in questione non avevano alcun legame con la guerriglia.
Ciclismo, le testimonianze agghiaccianti che accusano Herrera
I dettagli emersi dalle testimonianze sono agghiaccianti: corpi sgozzati, smembrati, seppelliti in buche improvvisate lungo la strada tra Novilleros e La Aguadita. Un orrore che sembrerebbe confermato da altri due ex paramilitari, Héctor Diaz Gaitán e Óscar Andrés Huertas, che avrebbero partecipato all’operazione. Lo scenario dipinto dalle testimonianze è da incubo.
Lui, l’ex scalatore che aveva fatto della leggerezza e della resistenza le sue armi in bici, nega ogni addebito. Ai microfoni di W Radio ha dichiarato: “Non sono coinvolto in questi fatti. Mi rivolgerò ai media a tempo debito e consulterò il mio avvocato per presentarmi alla procura”. Una smentita che non è bastata a placare la rabbia delle famiglie delle vittime, che chiedono giustizia dopo oltre vent’anni.
Lucho Herrera è stato il primo colombiano a vincere una tappa al Tour de France e a portarsi a casa una Vuelta. Un pioniere, un idolo, che fa parte della memoria collettiva del ciclismo colombiano. Se le accuse dovessero trovare riscontro, però, tutto cambierebbe. E la storia sarebbe da riscrivere, se non quella sportiva, di sicuro quella umana.
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