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Berrettini, che peccato! Inizia alla grande con Draper, poi è costretto al ritiro

Matteo Berrettini era entrato sulla terra di Madrid con lo sguardo di chi sa di avere qualcosa di importante da mostrare. A se stesso e al pubblico. Davanti a lui c’era Jack Draper, inglese giovane e rampante, numero 5 del tabellone, favorito dai pronostici. Ma nei primi game Matteo aveva dimostrato di potersela giocare alla pari, anzi, era volato avanti di un break.

Il tennista romano si era preso la scena: colpi profondi, ritmo alto, un break fulmineo che aveva fatto credere a tutti che potesse essere il segnale di un ulteriore salto di qualità dopo quelli degli ultimi mesi. Una partenza brillante, intensa, fatta di coraggio e lucidità. Tanto che anche il Centrale di Madrid applaudiva ammirato.

Poi, come in una sinfonia interrotta, è arrivata la solita stonatura. All’inizio un piccolo segnale, quasi impercettibile, che Matteo però ha imparato a riconoscere: un gesto a toccarsi la schiena, che già gli aveva dato fastidio nel match contro Giron. Da lì Matteo ha cambiato forzatamente marcia, ha dovuto rallentare.

Il servizio ha iniziato a perdere potenza, il dritto a farsi più corto, e Draper, che è un campione, non ha lasciato scampo e si è ripreso il break. Berrettini ha lottato, eccome. Ha annullato quattro set point e nonostante la menomazione ha trascinato l’inglese fino al tie-break.

Lì, limitato nei movimenti e con l’evidente paura di infortunarsi seriamente, ha ceduto di colpo: il gioco decisivo è finito 7-2 per Draper, senza storia. A quel punto, per preservare il fisico e darsi una possibilità per Roma, è arrivata la resa: Matteo ha deciso di fermarsi, di non rischiare oltre. E per come aveva iniziato è stato davvero un peccato.

A questo punto il lavoro di Matteo e del suo staff dovrà essere improntato al recupero per quello che è l’obiettivo dichiarato: essere in campo agli Internazionali d’Italia, il torneo di casa, davanti al pubblico amico. Sperando che il problema alla schiena non si riveli più serio del previsto.

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