
Inter, Simone Inzaghi ha scelto, ed è una decisione che farà sicuramente discutere. Stasera contro il Verona giocheranno le seconde linee. Dei titolari di Barcellona andranno in campo solo Bisseck. Per il resto giocheranno le “seconde linee”. Appare evidente che il Mister nerazzurro ha deciso di privilegiare la Champions League, ma questa scelta somiglia a un passo d’addio anticipato allo scudetto.
FCINTER1908 / Inter-Verona, Inzaghi ha deciso: si va con questi undici
— Daniele Mari (@marifcinter) May 3, 2025
Martinez, Bisseck, de Vrij, Carlos Augusto; Darmian, Frattesi, Asllani, Zielinski, Zalewski; Arnautovic, Correa@fcin1908it #InterVerona #SerieA pic.twitter.com/MpwYBXwrTh
Certo dopo la sconfitta con la Roma il Napoli corre veloce verso il titolo. Ma finché non parla la matematica una piccola speranza c’è ancora. Il Mister nerazzurro, però, con la sua scelta lancia un messaggio chiaro. Non perché la partita con il Verona sia impossibile da vincere con i giocatori che andranno in campo. Ma è il segnale che viene dato agli avversari e ai propri uomini a fare la differenza.
In un’analisi firmata da Fabio Licari per la Gazzetta dello Sport, la decisione dell’allenatore dell’Inter è compresa e anzi definita come la più logica. I titolari si riposano, perché la Champions League vale più di uno scudetto e perché il titolo di campione d’Italia ormai è scivolato via, salvo improbabili cadute degli uomini di Conte.
Quella di Inzaghi è dunque un’eresia? O una lucidissima presa di coscienza? Forse entrambe. In campo andranno MArtinez, De Vrij, Carlos Augusto, Darmian, Frattesi, Asllani, Zielinski, Zalewski, Arnautovic e Correa. Tutti ottimi giocatori, qualcuno nazionale. Ma non sono Barella, Çalhanoglu, Thuram, Dimarco o Lautaro, sperando che quest’ultimo recuperi per il ritorno con i blaugrana.
Inzaghi lo sa: è una scommessa. Ma è anche, forse, l’unica strada logica. La resa contro la Roma ha reso evidente ciò che molti sospettavano: l’Inter versione campionato non è quella che insegue la coppa dalle grandi orecchie. C’è una sorta di appagamento domestico, forse inconsapevole, che contrasta con la fame mostrata in Europa, soprattutto perché il sogno Champions è un tarlo nella testa dei giocatori la sconfitta di misura a Istanbul contro il Manchester City. (continua dopo la foto)

La gestione emotiva dei 90 minuti europei è, a questo punto, primaria rispetto a qualsiasi altra considerazione. Anche perché in campionati c’è un Napoli feroce, con tre punti di vantaggio, un calendario favorevole e Antonio Conte come condottiero: uno che sa spremere vittorie anche quando sembra impossibile, figurarsi adesso. Lo scudetto, oggi, sembra un miraggio più che un obiettivo.
Chi griderà allo scandalo nel vedere i presunti rincalzi in campo con il Verona dimentica che alcuni di questi giocatori – Frattesi, Zielinski, Arnautovic – sono comunque importanti. E soprattutto, si dimentica che l’Inter è sull’orlo del collasso fisico e mentale. Alcuni corrono ormai più con la testa che con le gambe, e le energie nervose vanno preservate quanto quelle muscolari.
La stagione è stata logorante, e incombe anche il Mondiale per club. Insomma, non si può rischiare una semifinale di Champions – peraltro contro un Barcellona stellare e pieno di campioni – per provare a riacciuffare uno scudetto che oggi sembra volare altrove.
Il 3-3 dell’andata ha confermato che il Barça di oggi è fortissimo, spettacolare ma anche vulnerabile: lo dimostrano i tre gol per l’Inter, più il quarto annullato a Mkhytarian per un’unghia in fuorigioco che grida ancora vendetta. Ma ci sono stati anche momenti di blackout, di paura, di ripiegamento eccessivo.
Ecco dove Inzaghi non deve sbagliare. San Siro martedì sarà una bolgia e tutto il popolo nerazzurro vorrebbe il miracolo: arrivare per la seconda volta in finale di Champions in tre anni. Con una squadra che è solo quattordicesima per fatturato. Basta guardare l’albo d’oro della competizione per capire la dimensione dell’impresa compiuta già arrivando in semifinale.
Inter in bilico fra un’ottima stagione e la gloria
La Champions è terreno esclusivo dei top club europei: negli ultimi 10 anni è stata vinta 6 volte dal Real Madrid e una ciascuno da Barcellona, Chelsea, Liverpool e Bayern. Squadre che possono contare su risorse enormi, e che a ogni mercato lasciano sul tavolo centinaia di milioni, mente questa Inter è stata costruita con tre anni di mercato a somma zero.
Ma Inzaghi e i suoi ragazzi ci hanno creduto sin dall’inizio e ora sono lì, a giocarsi la finale con il super Barcellona di Yamal e Raphinha al Meazza. Martedì si deciderà tutto, tra linee da alzare, ripartenze da cercare e un pubblico che può fare la differenza. Se ci si chiude in otto in area, è finita prima di cominciare. Bisognerà trovare il giusto equilibrio, e non sarà facile.
Inzaghi è abituato a essere divisivo, a camminare sul filo tra complimenti e critiche. Ma stavolta, la sua scelta è più che condivisibile. È il coraggio di chi rinuncia a qualcosa per tentare il tutto per tutto dove conta di più. Marotta lo ha blindato sulla panchina dell’Inter anche per il futuro. Ma oggi conta solo il presente, e una coppa che segna lo spartiacque fra una stagione fantastica ma senza trofei e la gloria.
Leggi anche:
- Inter, Lautaro non vuole arrendersi: la situazione dopo gli esami, tifosi con il fiato sospeso
- Inter, la coppia perfetta che… non gioca quasi mai insieme: dietro la ThuLa, le scelte di Inzaghi e l’errore della societÃ