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L’Inter di Simone: l’impronta di Inzaghi e le sue idee, studiate in tutta Europa

Inter, Simone Inzaghi non ama i riflettori. Li lascia volentieri ai suoi ragazzi, agli eroi del campo, a chi si sporca le mani e le ginocchia per novanta minuti e oltre. Ma se l’Inter è tornata nell’élite d’Europa, una buona fetta del merito – anzi, una porzione abbondante – è sua. Silenzioso, stratega, accorto e carismatico: un condottiero moderno che ha saputo costruire una squadra solida, compatta, mai doma.

Parla il campo. E poi lui, con poche parole e idee chiarissime. Dopo il 2-2 con il Bayern Monaco che ha spalancato le porte della semifinale di Champions League, le sue prime parole sono per la squadra: “C’è grande unione, tutti si fanno trovare sempre pronti”. Sobrio. Essenziale. Vero.

Inzaghi conosce l’arte della gestione, quella che non si studia nei manuali ma si impara nel tempo e nel dolore. Difende i suoi quando serve, li protegge dagli attacchi e li esalta con misura. Non c’è nessuno, nel gruppo, che si senta un panchinaro eterno o una riserva marginale. Nessuno escluso, tutti coinvolti. (continua dopo la foto)

E ora, le sue idee di calcio stanno incuriosendo tutti. Il suo 3-5-2 anomalo è oggetto di studio in molte parti d’Europa. Pochi giorni fa, un sito spagnolo ha dedicato un’intera puntata a sviscerare le tattiche e le particolarità di una squadra che chiama i centrocampisti a costruire sulla linea dei difensori e lancia i difensori in attacco a scardinare le linee avversarie. Lo ha detto anche un vecchio volpone come Muller dopo Bayern-Inter: “Giocare contro l’Inter è difficilissimo“.

Chi lo conosce bene, descrive Inzaghi come un tecnico meticoloso, mai sopra le righe, ma in grado di farsi seguire ovunque. Anche in trincea. L’Inter di Inzaghi è squadra vera, costruita con pazienza e visione. Il turnover non è una roulette russa, ma un preciso piano di gestione delle forze: chi ha bisogno di riposare lo fa, chi rientra dall’infortunio non viene bruciato. Tutto è pensato, nulla è lasciato al caso.

Simone Inzaghi e la sua Inter che ha sorpreso tutti

Con due semifinali Champions (e una finale) in tre anni, Inzaghi è entrato in un club esclusivo: solo Helenio Herrera, tra il ’63 e il ’67, aveva fatto altrettanto (e meglio). Ma il paragone non deve distrarre: Simone ha il suo stile, fatto di garbo, controllo emotivo e idee tattiche molto più sofisticate di quanto si creda.

Non ne hanno parlato solo in Spagna, ma anche in Germania, in Inghilterra: e l’ex fuoriclasse Thierry Henry si è sperticato in lodi per l’Inter e per il suo Mister. Anche perché un conto è allenare squadre che si possono permettere di spendere ogni anno grandi cifre sul mercato, un altro costruire pezzo a pezzo con i parametri zero e con giocatori che sembravano in declino e hanno trovato una seconda giovinezza, o la loro consacrazione. Tipo Calhanoglu, Acerbi e tanti altri.

“L’Inter è forte mentalmente, altrimenti non si spiegherebbe una reazione così”, ha detto Simone dopo l’impresa di San Siro. E ha ragione. Questa Inter non ha un solo volto, ma tanti. Tutti plasmati dalla mano ferma di un uomo che sta riscrivendo le coordinate del successo nerazzurro. E che sogna di mettere la firma su un finale ancora più bello.

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