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Velasco: “Non sono un guru, e non ho mai capito perché Massimo Moratti…”

Le azzurre della pallavolo, guidate da Julio Velasco, hanno conquistato tutti con una cavalcata perfetta, culminata in un oro mondiale che resterà nella storia. Un torneo che ha entusiasmato l’Italia intera, con milioni di spettatori incollati davanti alla tv, rapiti dalle gesta di una squadra “imbattibile“. Un successo che porta il marchio del Ct argentino, capace di fondere metodo e cuore, letture tattiche e introspezioni psicologiche sullo stato di forma e di attenzione delle sue giocatrici.

Ma dietro il clamore mediatico c’è un tecnico che vuole ricordare a tutti di essere, prima di tutto, un allenatore, non certo un santone. Velasco, fresco del titolo mondiale, mette subito in chiaro la sua filosofia al Corriere dello Sport: “Quando mi dipingono come una specie di guru mi rompo i c… di quel me stesso”. (continua dopo la foto)

“Tante frasi che mi hanno attribuito non le ho mai pronunciate“, spiega con schiettezza. “C’è addirittura chi è convinto che io sia l’autore del libro ‘Il codice Velasco’, invece non ne so nulla. Io sono semplicemente un allenatore di pallavolo, questo è ciò che so fare”. Una dichiarazione che mette al centro il suo ruolo professionale e che offre un ritratto sincero del tecnico argentino, da sempre allergico alle mitizzazioni.

Velasco spiega la chiave del successo azzurro: “Sono pragmatico, non ideologico: insistere su un’idea anche quando non funziona è sbagliato. Andando oltre alle idee, al metodo e alla tattica penso che la parte più importante sia l’adattamento ai gruppi e al momento”. Per lui, l’allenatore non deve dettare dogmi ma capire persone, tempi e situazioni. E proprio per questo le sue ragazze “non hanno mai mollato”, conquistando un titolo che resterà nella storia dello sport italiano.

Il ct racconta anche di come abbia messo in guardia le atlete sull’euforia dopo Parigi: “Ho spiegato alle ragazze che l’oro di Parigi era stato un’eccezione, non la regola. Basta un attimo per trasformare un punteggio da positivo a negativo e viceversa. Io dico sempre di guardare a Vasco Rossi: tecnicamente non è il miglior cantante, ma trasmette qualcosa di forte e comprensibile, per questo arriva a tutte le generazioni”. (continua dopo la foto)

Un richiamo alla concretezza che è la cifra stilistica del suo metodo. Tanto che, dopo il trionfo, Velasco sente il bisogno di sottrarsi al circo mediatico: “Mi chiamano in tv ma voglio evitare la sovraesposizione di rompere i c… alla gente. Oggi qualsiasi cosa tu faccia finisce sui social e sei ovunque”. Un atteggiamento che conferma la sua coerenza.

Velasco ha svelato anche qualche aneddoto rispetto alla sua parentesi nel calcio. “Prima, alla Lazio, Cragnotti scelse me e Zoff forse perché eravamo figure pulite e spendibili“, spiega con una punta di polemica. “Ma poi mi resi conto dei problemi e rinunciai a quattro anni di contratto“.

Più “misteriosa” e anche un po’ bizzarra la breve avventura all’Inter. “Dai nerazzurri c’era confusione. Poco dopo l’esonero di Lippi salutai, ma il punto è che non ho mai capito cosa volesse Moratti da me. In pratica continuò a pagarmi per non lavorare”.

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