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Wimbledon: urla, proteste e provocazioni al pubblico, la serata folle di Ben Shelton

Un finale di giornata rovente a Wimbledon, e il protagonista è stato Ben Shelton. Non per il meteo – sorprendentemente clemente – ma per l’atmosfera tesa che si è creata sul campo numero 2, quando il match tra l’americano e Rinky Hijikata è stato interrotto proprio sul più bello. Shelton era avanti di due set e pronto a servire per il match sul 5-4 nel terzo, ma è arrivato lo stop per oscurità. E da lì, è esploso tutto.

Shelton, 22 anni e testa di serie, aveva dominato il primo set (6-2) e resistito nel secondo (7-5), poi sembrava ormai lanciato verso la chiusura. Ma proprio mentre stava per andare a servire per la vittoria, alle 21.30, il supervisor è sceso in campo: match sospeso, “troppo buio e impossibilità di spostare la partita altrove”.

Una scelta che ha mandato su tutte le furie il tennista statunitense, che ha urlato contro arbitro e supervisor, provocando anche il pubblico con atteggiamenti polemici. Shelton, già nervoso per aver sprecato tre match point nel game precedente, è esploso. Il pubblico, per lo più dalla sua parte, ha fischiato la decisione degli ufficiali, ma a Wimbledon il regolamento non lascia spazio a deroghe.

La sospensione non è inedita: qualcosa di simile era già capitato a Taylor Fritz, costretto a fermarsi alle 22.20 nel suo primo match contro Mpetschi Perricard. A Wimbledon, infatti, vige un coprifuoco alle 23, imposto dal fatto che l’impianto si trova in un’area residenziale. Ma il problema principale resta che solo due campi – il Centrale e il numero 1 – sono dotati di illuminazione artificiale.

Per questo motivo, anche prima delle 23, i match possono essere sospesi per oscurità se ritenuto necessario dagli arbitri. Una regola antica che cozza con la modernità del tennis di oggi e con l’attesa di chi sogna di vedere un match finire, soprattutto quando manca un solo game alla conclusione. Shelton, come già Fritz prima di lui, l’ha presa malissimo. E non è difficile capire il perché.

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