La morte cerebrale è davvero irreversibile?
Il confine tra morte cerebrale e coma profondo è sottile e ancora oggi al centro di dibattiti nel mondo medico. La morte cerebrale, secondo la definizione del Ministero della Salute italiano, rappresenta la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. In teoria, non ci possono essere dubbi: quando questa viene accertata, la persona è legalmente morta. Tuttavia, come ha spiegato anche l’Università Johns Hopkins, per un osservatore inesperto la transizione dalla vita alla morte può non essere evidente.
Nel caso di Hoover, qualcosa non ha funzionato. Forse si è trattato di un errore strumentale, di un’anomalia nell’elettroencefalogramma, o di un arresto cardiaco interpretato in modo scorretto. In ogni caso, l’uomo si è risvegliato. Oggi vive con la sorella, che ne è la tutrice legale, e soffre di disturbi cognitivi, difficoltà di linguaggio e problemi motori. Ma è vivo. “Mi sento tradita – ha dichiarato la sorella –. Le persone ci hanno detto che era cerebralmente morto, poi si è svegliato. È come se stessero giocando a fare Dio”.

Una ferita aperta e domande ancora senza risposta
Le indagini sul caso Hoover sono ancora in corso e molte domande rimangono senza risposta. Perché è stato dichiarato morto con tanta sicurezza? Cosa non ha funzionato nel sistema di monitoraggio? Quanti casi simili sono stati archiviati troppo in fretta? L’unica certezza, per ora, è che quella linea tra vita e morte è meno netta di quanto vogliamo credere. E, in alcuni casi, può trasformarsi in una trappola letale.
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