Anna, vittima della folle burocrazia italiana
Anna, che vive ancora nel dolore per la perdita della sorella, racconta al Corriere di Bergamo di aver mandato la prima Pec in cui chiedevano la cessazione dell’utenza e allegavano, come da procedura, il certificato di morte dell’intestataria. Peccato che a quasi un anno di distanza Fastweb non avrebbe ancora provveduto a chiudere il contratto. Anzi, ha passato la pratica al recupero credito, che ha chiesto alla famiglia della 40enne deceduta nel 2022 di pagare un insoluto di 163,90 euro. “Pretendere che a chiudere un contratto telefonico sia Benedetta, che è morta il 15 novembre del 2022, è assurdo e inumano“, si sfoga Anna Avogadro. (continua dopo la foto)
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La burocrazia italiana
Dopo mesi di stallo, Anna richiama il servizio clienti e si sente dire che “essendo il contratto abbinato alla mail di Benedetta, la richiesta di cessazione avrebbe dovuto essere fatta dal suo account di posta”. Una richiesta del tutto surreale, perché Benedetta è morta ormai da quasi due anni e nessuno riesce ad accedere alle sue mail. “Mia sorella non c’è più e voi pretendete che sia lei a chiedervi di disdire il contratto? Devo richiamarla dall’aldilà per questo?“, ha raccontato Anna Avogadro al Corriere.
E come se non bastasse, nei giorni scorsi è arrivata l’ennesima richiesta impossibile da soddisfare. Covisian Credit Management, società a cui Fastweb ha passato la pratica per recuperare i 160 euro non pagati, dice alla famiglia di Benedetta che serve la firma originale del defunto per chiudere il contratto: “Anche Covisian sostiene che serve la firma in originale del defunto. Una cosa che non sta né in cielo né in terra”. Fastweb, contattata il 16 luglio, non ha ancora fornito spiegazioni.