Responsabilità e attivazione in caso di crisi
Far parte della riserva comporterà obblighi specifici: mantenere una reperibilità costante, notificare cambi di residenza, sottoporsi a controlli medici periodici e partecipare a corsi di addestramento di due settimane ogni anno. I riservisti potranno essere attivati dal governo “in caso di conflitto, per proteggere i confini o durante emergenze nazionali”.
Minardo sostiene che “è il momento giusto per discutere seriamente di uno strumento considerato essenziale per le strategie di sicurezza nazionale”. La proposta limita l’accesso alla riserva ai cittadini italiani congedati volontariamente, con esperienza di servizio triennale o iniziale, per garantire una forza di intervento pronta.

La proposta complementare del Pd
Anche alla Camera è presente una proposta del Pd, firmata da Stefano Graziano, che ha obiettivi simili: “Crediamo sia necessaria una riserva strutturata”, spiega Graziano, “come avviene nei principali paesi europei”. La proposta del Pd prevede la selezione di ex militari volontari, per supportare le Forze Armate in situazioni eccezionali. Le differenze includono l’idea di offrire incentivi alle aziende che concedono permessi ai riservisti e un’apertura maggiore a includere ex membri delle forze di polizia. “Il nostro obiettivo è creare un testo unico e moderno”, sottolinea Minardo, “valorizzando l’esperienza di chi ha già servito lo Stato e affrontando nuove sfide di sicurezza interna ed esterna”. La discussione inizierà l’8 luglio in commissione Difesa: centrodestra e opposizione sembrano pronti a collaborare per un compromesso che potrebbe innovare la difesa italiana negli anni a venire.
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